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che le aveva salvato la vita una volta. Sapeva che la sua unica possibilità era stata consumata. Ora non ce n’erano più.

      Gwendolyn guardò in basso, oltre il pianerottolo, e vide il volto di suo padre. Era circondato da una luce bianca e le sorrideva.

      Si sporse in avanti e lasciò penzolare un piede nel vuoto, chiudendo gli occhi al vento. Rimase lì, barcollante, imprigionata tra due mondi, tra la vita e la morte. Era in perfetto equilibrio e sapeva che la prossima folata di vento avrebbe deciso per lei quale direzione prendere.

      Thor, pensò. Perdonami.

      CAPITOLO TRE

      Kendrick cavalcava in testa al sempre più vasto esercito di MacGil, Silesiani e uomini dell’Anello liberati, uscendo di gran carriera dai cancelli principali di Silesia e imboccando l’ampia strada che portava a est, verso l’esercito di Andronico. Accanto a lui galoppavano Srog, Brom, Atme e Godfrey; dietro c’erano Reece, O’Connor, Conven, Elden e Indra, oltre a un migliaio di guerrieri. Avanzando passarono accanto ai corpi bruciacchiati di migliaia di soldati dell’Impero, neri e rigidi per la fiammata del drago. Altri giacevano morti, uccisi dai colpi inferti dalla Spada della Dinastia. Thor aveva scatenato un’ondata di distruzione, incarnando un esercito formato da una singola persona. Kendrick aveva osservato tutto e provava un profondo rispetto di fronte alla portata della devastazione messa in atto da Thor, al potere di Micople e della Spada della Dinastia.

      Era meravigliato per la piega che avevano preso gli eventi. Solo pochi giorni prima erano stati tutti imprigionati e si trovavano sotto il giogo di Andronico, costretti ad ammettere la loro sconfitta. Thor allora si trovava ancora nell’Impero, la Spada della Dinastia era un sogno perduto e c’era ben poca speranza che tornassero. Kendrick e gli altri erano stati crocefissi, lasciati lì a morire, e sembrava che tutto fosse perduto.

      Ma ora cavalcavano come uomini liberi, ancora una volta da soldati e cavalieri, rinvigoriti dall’arrivo di Thor, ora che la bilancia si era piegata dalla loro parte. Micople era stata un dono del cielo, una forza distruttiva piovuta dall’alto. Ora Silesia era una città libera e la campagna dell’Anello, invece di essere piena di soldati dell’Impero, era colma dei loro cadaveri. La strada che conduceva a est era fiancheggiata da corpi di soldati nemici sparpagliati fino a dove si riusciva a vedere.

      Eppure, per quanto tutto ciò fosse incoraggiante, Kendrick sapeva che mezzo milione di uomini di Andronico si trovavano in attesa dall’altra parte dell’Altopiano. Li avevano provvisoriamente battuti, ma non spazzati via del tutto. E Kendrick e gli altri non erano certo tipi da starsene a Silesia ad aspettare che Andronico riorganizzasse un nuovo attacco; neppure avevano intenzione di concedergli una possibilità di fuga e ritirata nell’Impero. Lo Scudo era nuovamente attivo e, sebbene in minoranza numerica, Kendrick e gli altri ora avevano almeno un’occasione per combattere. Ora l’esercito di Andronico era in fuga e Kendrick sapeva che gli altri erano determinati a continuare la serie di vittorie cui Thor aveva dato inizio.

      Kendrick si diede un’occhiata alle spalle, alle migliaia di soldati e uomini liberi che cavalcavano con lui e vide la determinazione sui loro volti. Avevano tutti assaggiato la schiavitù, la sconfitta e ora era evidente quanto apprezzassero cosa significasse essere di nuovo degli uomini liberi. Non solo per loro stessi, ma per le loro mogli e le loro famiglie. Tutti quanti si erano inaspriti, determinati a farla pagare ad Andronico, assicurandosi che non potesse più attaccare. Erano un esercito di uomini pronti a combattere fino alla morte e stavano avanzando come un tutt’uno. Ovunque passavano liberavano altri uomini, sciogliendo le corde e rimpinguando l’esercito che stava diventando sempre più vasto.

      Kendrick stesso si stava ancora riprendendo dal periodo trascorso sulla croce. Il suo corpo non era ancora forte come prima e il dolore ai polsi e alle caviglie, dove le corde avevano stretto e scavato nella carne, persisteva. Guardò Srog, Brom e Atme – suoi amici sulla croce – e vide che anche loro non erano pienamente in forma. La crocifissione si era fatta sentire anche per loro. Eppure tutti avanzavano con orgoglio e determinazione. Non c’era niente di meglio che andare a combattere per una possibilità di vita, di vendetta, per dimenticare le ferite e le offese.

      Kendrick era estremamente felice che suo fratello Reece e gli altri della Legione fossero tornati dalla spedizione e si trovassero ora al suo fianco. Gli aveva spezzato il cuore vedere i giovani della Legione ammazzati a Silesia, e avere ora questi ragazzi con se lo alleviava parzialmente da quel dolore. Era sempre stato vicino a Reece crescendo, protettivo nei suoi confronti, come un secondo padre per tutte le volte in cui MacGil era stato troppo impegnato. In qualche modo essere solo un mezzo fratello gli aveva permesso in qualche modo di essergli addirittura più vicino. Non erano stati costretti ad essere affezionati e lo erano diventati spontaneamente. Kendrick non era mai stato capace di affezionarsi agli altri fratelli più giovani: Godfrey aveva sempre trascorso il suo tempo nelle taverne con i poco di buono e Gareth, beh… Gareth era Gareth. Reece era stato l’unico dei tre fratelli a prendere le armi, decidendo di intraprendere la vita che anche Kendrick aveva scelto. Kendrick non avrebbe potuto essere più fiero di lui.

      In passato, quando Kendrick era uscito a cavallo insieme a Reece, era sempre stato protettivo nei suoi confronti e lo aveva tenuto d’occhio. Ma dal suo ritorno aveva visto che Reece era diventato un vero, forte guerriero, quindi non sentiva più il bisogno di essere così attento verso di lui. Si chiedeva che genere di perigli avesse attraversato nell’Impero per esserne uscito trasformato in un soldato così abile e forte come ora era. Non vedeva l’ora di sedersi ad ascoltare le sue storie.

      Kendrick era pure felicissimo che anche Thor fosse tornato, e non solo perché li aveva liberati: apprezzava e rispettava immensamente Thor e provava per lui un affetto pari a quello per un fratello. Stava ancora rivedendo nella propria mente l’immagine di Thor che tornava con la Spada in mano. Non poteva dimenticarla. Era una visione che non si sarebbe mai aspettato di avere davanti nella propria vita. In effetti non aveva mai pensato che avrebbe visto nessuno sollevare la Spada della Dinastia, meno che meno Thor, il suo scudiero, un piccolo e umile ragazzino che proveniva da un villaggio di periferia. Uno straniero. E neanche un MacGil.

      Oppure sì?

      Kendrick era pensieroso. Continuava a ripensare mentalmente alla leggenda: solo un MacGil poteva sollevare la Spada. Nel profondo del proprio cuore Kendrick doveva ammettere che aveva sempre sperato che sarebbe stato lui quello che l’avrebbe brandita. Aveva sperato che sarebbe stato il segno definitivo della sua legittima appartenenza alla famiglia, confermandolo come primogenito di MacGil. Aveva sempre sognato che in qualche modo, un giorno, le circostanze gli avrebbero concesso di provare.

      Ma non si era mai permesso quella possibilità e non portava rancore a Thor per ciò che era riuscito a fare. Kendrick non era invidioso, al contrario si sentiva meravigliato per il destino di Thor. Non riusciva proprio a capirlo. La leggenda era falsa? Oppure Thor era un MacGil? Come poteva esserlo? Era impossibile, a meno che anche Thor non fosse un figlio di MacGil. Kendrick continuò a riflettere. Era risaputo che suo padre era stato con molte donne al di fuori del matrimonio, che anche lui stesso era stato concepito così.

      Era per quello che Thor era corso velocemente via da Silesia dopo aver parlato con sua madre? Di cosa avevano parlato esattamente? La regina non aveva voluto dirlo. Era la prima volta che gli aveva tenuto segreto qualcosa. Perché proprio adesso? Quale segreto stava serbando? Cosa aveva potuto dire per far scappare Thor a quel modo, lasciandoli senza dire una parola?

      Questo faceva pensare Kendrick a suo padre, alla sua dinastia. Per quanto desiderasse pensare diversamente, soffriva nella consapevolezza di essere un figlio illegittimo, e per la milionesima volta si chiese chi potesse essere la sua vera madre. Aveva sentito, nel corso della propria vita, diversi pettegolezzi riguardo alla donne con cui suo padre, re MacGil, era stato, ma non aveva mai avuto alcuna certezza. Quando tutto si fosse sistemato – se mai ciò sarebbe realmente accaduto – e l’Anello fosse tornato alla normalità, Kendrick era deciso a trovare chi fosse sua madre. L’avrebbe affrontata. Le avrebbe chiesto perché l’aveva abbandonato, perché non aveva mai preso parte alla sua vita. Come aveva incontrato suo padre. Voleva solo incontrarla, vedere il suo volto, vedere se gli assomigliava. E che fosse lei a dirgli che effettivamente era figlio legittimo, legittimo quanto tutti gli altri.

      Kendrick era felice che Thor

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