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ricordi di tornare tutti in una volta, e per lo più Reid ne era felice. In base a ciò che sapeva della sua vita come Agente Zero, non era certo di volerli tutti indietro. Il suo maggior timore era che avrebbe potuto ricordare qualcosa di cui avrebbe fatto volentieri a meno, un doloroso rimorso o un gesto orrendo con cui Reid Lawson non sarebbe mai riuscito a convivere.

      Oltretutto, era stato molto impegnato dopo gli eventi di febbraio. La CIA lo aveva aiutato a trasferire la sua famiglia; dopo il ritorno negli Stati Uniti, lui e le ragazze erano stati mandati ad Alexandria in Virginia, poco distante da Washington, DC. L’agenzia lo aveva aiutato a ottenere un lavoro come professore associato all’università di Georgetown.

      Da allora si era scatenato un turbine di attività: aveva dovuto iscrivere le ragazze a una scuola nuova, ambientarsi nel suo nuovo lavoro, e trasferirsi nella casa nuova in Virginia. Ma lui aveva creato ancora più lavoro per sé, contribuendo alla propria distrazione. Aveva verniciato stanze. Aveva aggiornato gli elettrodomestici. Aveva acquistato nuovi mobili e abiti per la scuola delle ragazze. Poteva permetterselo, la CIA lo aveva ricompensato con un grosso bonus per il suo coinvolgimento nello smantellamento dell’organizzazione terroristica chiamata Amun. Era più di quanto guadagnasse all’anno come professore. Gli stavano consegnando il denaro in rate mensili per evitare i controlli. Gli assegni arrivavano nel suo conto in banca come parcelle di consulenza da una finta casa editrice che dichiarava di essere in procinto di creare una serie di testi scolastici di storia.

      Tra il denaro e la grande quantità di tempo libero—stava facendo solo qualche lezione alla settimana al momento—Reid si teneva più impegnato possibile. Perché fermarsi anche solo per qualche istante significava pensare, e pensare significava riflettere, non solo sulla sua memoria frammentata, ma su altre cose ugualmente spiacevoli.

      Come i nove nomi che aveva memorizzato. I nove volti che aveva studiato. Le nove vite che erano andate perdute per via del suo fallimento.

      “No,” mormorò a bassa voce, da solo nell’ingresso della sua nuova casa. “Non farti questo.” Non voleva ripensarci. Invece andò in cucina, dove Maya stava frugando nel frigo alla ricerca di qualcosa da mangiare.

      “Credo che ordinerò della pizza,” annunciò lui. Quando Maya non rispose, aggiunse: “Che cosa ne pensi?”

      La figlia chiuse il frigo con un sospiro e vi si appoggiò contro. “Va bene,” rispose semplicemente. Poi si guardò attorno. “La cucina è più bella. Mi piace il lucernario. Anche il cortile è più grande.”

      Reid sorrise. “Stavo parlando della pizza.”

      “Lo so,” replicò lei scrollando le spalle. “È solo che ultimamente sembri preferire evitare l’argomento, e quindi ho pensato di fare lo stesso.”

      L’uomo fece bruscamente retromarcia di fronte alla sfrontatezza della figlia. In più di un’occasione la ragazza aveva cercato di farsi raccontare cosa era successo quando era sparito, ma la conversazione finiva sempre quando Reid prendeva a insistere che la sua storia di copertura era la pura verità. Maya era furiosa perché sapeva che le mentiva. Lasciava cadere l’argomento per una settimana circa e poi il circolo vizioso ricominciava.

      “Non c’è bisogno che ti comporti così, Maya,” disse.

      “Vado a vedere come sta Sara.” La figlia girò sui tacchi e uscì dalla cucina. Un momento più tardi la udì salire rumorosamente le scale.

      Si strinse la base del naso in preda alla frustrazione. Era in momenti come quello che gli mancava di più Kate. Lei aveva sempre saputo che cosa dire. Avrebbe saputo come gestire due adolescenti che avevano subito un trauma come le sue ragazze.

      Era sempre meno convinto di voler continuare a mentirgli. Non riusciva a costringersi a recitare un’ennesima volta la sua storia di copertura, la bugia fornita dalla CIA perché potesse spiegare alla famiglia e ai colleghi dove fosse svanito per una settimana. La storia era che degli agenti federali si erano presentati alla sua porta, richiedendo la sua assistenza in un caso importante. In quanto professore dell’Ivy League, Reid era stato nella particolare posizione di poterli aiutare con delle ricerche. Per quanto le ragazze ne sapevano, aveva passato la maggior parte di quella settimana in una sala conferenze, a sgobbare su libri e fissando uno schermo del computer. Era tutto quello che aveva il permesso di dire, e non poteva condividere nessuno dettagli con loro.

      Di certo non poteva dir loro del suo passato clandestino come agente Zero, né che aveva aiutato a fermare l’attentato terroristico di Amun al World Economic Forum a Davos, in Svizzera. Non poteva dir loro che aveva ucciso da solo più una decina di persone nel corso di pochi giorni, ognuna di esse un noto terrorista.

      Doveva attenersi alla sua vaga storia di copertura, non solo non creare problemi alla CIA, ma per la sicurezza delle sue ragazze. Durante il suo spericolato viaggio per tutta l’Europa, le sue due figlie erano state costrette a scappare da New York, avevano passato da sole qualche giorno e poi erano state ritrovate dalla CIA e portate in una casa sicura. Erano state quasi rapite da un paio di estremisti di Amun, un pensiero che gli faceva ancora rizzare i peli sul collo, perché significava che il gruppo terroristico aveva membri negli Stati Uniti. Sicuramente anche quello aveva contribuito ad accrescere la sua recente natura iperprotettiva.

      Alle ragazze era stato detto che i due uomini che avevano cercato di avvicinarle erano membri di una gang locale che stavano rapendo bambini nella zona. Sara non era parsa convinta dalla storia, ma l’aveva accettata perché credeva che il padre non le avrebbe mai mentito (cosa che, ovviamente, aveva fatto sentire Reid persino peggio). Ciò, in aggiunta alla sua totale avversione nei confronti dell’argomento, avevano reso facile aggirare la questione e andare avanti con la normalità.

      Maya, invece, nutriva anche serissimi dubbi. Non solo era abbastanza furba da sapere che era una storia impossibile, ma era stata in contatto con Reid tramite Skype durante le sue traversie e apparentemente aveva captato abbastanza informazioni per fare qualche ipotesi. Era anche stata testimone delle morti dei due estremisti per mano dell’agente Watson, e da allora non era stata più la stessa.

      Reid non sapeva cosa fare, a parte cercare di andare avanti con le loro vite con più normalità possibile.

      Prese il cellulare e chiamò la pizzeria lungo la strada, per ordinare due pizze medie, una con formaggio extra (la preferita di Sara) e l’altra alla salsiccia e peperoni verdi (la preferita di Maya).

      Mentre riappendeva, udì dei passi per le scale. Maya stava tornando in cucina. “Sara fa una dormita.”

      “Di nuovo?” Sembrava che ultimamente la figlia minore dormisse davvero tanto durante il giorno. “Non dorme di notte?”

      Maya scrollò le spalle. “Non lo so. Magari dovresti chiederglielo.”

      “Ci ho provato. Non mi vuol dire niente.”

      “Forse perché non capisce che cosa è successo,” ipotizzò la ragazza.

      “Ho spiegato a tutte e due che cosa è successo.” Non farmelo ripetere, pensò lui disperatamente. Ti prego, non costringermi di nuovo a mentirti in faccia.

      “Forse è spaventata,” insistette Maya. “Forse perché sa che suo padre, di cui dovrebbe potersi fidare, le sta mentendo…”

      “Maya Joanne,” l’avvisò Reid, “è meglio che scegli con cura le tue prossime parole…”

      “E forse non è la sola!” Sembrava che Maya non volesse fermarsi. Non quella volta. “Forse anche io ho paura.”

      “Siamo al sicuro qui,” disse fermamente Reid, cercando di sembrare convincente nonostante non ci credesse del tutto nemmeno lui stesso. Gli stava salendo un’emicrania nella parte anteriore della testa. Prese un bicchiere dallo stipo e lo riempì con l’acqua fredda dal rubinetto.

      “Già, e credevamo di essere al sicuro a New York,” ribatté Maya. “Magari se sapessimo che cosa sta succedendo, e in che cosa sei stato veramente coinvolto, le cose sarebbero più semplici. Ma no.” Non importava cosa stesse spingendo la ragazza, se l’improvvisa riluttanza del padre a lasciarle sole anche per pochi minuti o i suoi stessi sospetti. Lei voleva delle risposte. “Tu sai maledettamente bene che cosa ci è successo. Ma noi non abbiamo

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