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si può procedere, tanto vale quindi scendere e continuare a piedi, ma da soli. Osservando il film dei miei anni ho visto e sentito storie di persone che hanno donato la vita per l’amicizia, amando l’amico ancor più di se stessi. Ho visto persone svuotarsi di tutto pur di condividere le cose con i propri amici e mi son chiesto se anch’io al posto loro fossi stato capace di fare altrettanto. Forse avrei perso la sfida con me stesso, non so, ma di certo non ho ancora avuto una vera occasione per mettermi alla prova. Ho anche sentito di storie tradite, forse perché quel sentimento di amicizia era vissuto in modo diverso dalle persone in gioco, forse a senso unico, o forse per qualcuno l’amicizia era molto più sinonimo di buona opportunità e, come tale, da sfruttare a piene mani. Tuttavia non mi meraviglia tutto ciò. La lotta per la sopravvivenza della specie è scritta nel DNA dell’animale, sia esso uomo o bestia. Si lotta per sopravvivere e per andare avanti, “morte tua è vita mia”. Poco importa, a volte, di chi ne paga le conseguenze. E’ un processo di selezione naturale, questo è stato nei millenni passati e questo non cesserà mai d’essere in quelli futuri. Ci nascondiamo dietro quest’alibi e non ci preoccupiamo più degli effetti che ne possono derivare. Ho sentito infine anche di storie di amicizia ricambiata, casi davvero rari e il più delle volte parte di favole; quando reali, esaltati e idealizzati al pari di racconti leggendari. Suscita meraviglia il fatto che, a fronte di una bella storia di amicizia, si tenda a romanzarci sopra, a farne dei film, a creare miti da esporre e utilizzare come riferimento, ogni volta che le cose non evolvono come ci si aspetta, dispiegandosi nella stesura di chilometriche poesie o prose poi destinate alla vendita. Miti, grandi esempi di vita da emulare, da seguire. Non dovrebbe essere questa la “normalità”? Se penso a una persona, la considero mia amica, intendo dire che questa persona è come me, al pari mio. Altrimenti utilizzo un altro termine per catalogarla, preferisco chiamarla “conoscente”. E la fiducia quindi, come si pone, dove entra in gioco, quale posto occupa? La fiducia che riponiamo in un amico vero e non solo supposto tale, può essere la stessa riposta in un semplice conoscente? A mio modo di vedere le cose e in seguito alle esperienze, la risposta non può essere altro che negativa.

      L’amicizia e la complicità sono cose di vecchia data. Fin da quando l’uomo ha iniziato a camminare sulla Terra per vivere, o meglio per sopravvivere, ha avuto bisogno di un compagno al suo fianco. L’uomo preistorico per cacciare doveva essere sempre affiancato da un compagno o più simili per braccare e poi uccidere la sua preda. Aveva capito che da solo non avrebbe potuto abbattere la sua grossa preda, avrebbe al contrario rischiato di morire. Il legionario romano doveva affidarsi alle capacità dell’intero plotone per creare la “testuggine” e quindi difendersi dal nemico in battaglia. Persino in ambito letterario e artistico l’amicizia ha ispirato l’uomo nella creazione delle sue più grandi opere. L’uomo per sua natura non riesce a vivere da solo, ha bisogno del branco. Esistono alcune persone che preferiscono rimanere da sole, forse proprio per via della diffidenza che nutrono verso altri, oppure per necessità di realizzare un proprio isolamento alla ricerca spirituale di se stessi, senza esporsi ai condizionamenti esterni. Riporto qui un passo di Cicerone che, seppur datato, consegna ai nostri occhi un messaggio ancora molto moderno:

      â€œL’amicizia non è altro che un’intesa sul Divino e sull’umano, congiunta a un profondo affetto. Eccetto la saggezza, forse è questo il dono più grande degli Dèi all’uomo. C’è chi preferisce la ricchezza, chi la salute, chi il potere, chi ancora le cariche pubbliche, molti anche il piacere.[…] C’è poi chi ripone il bene supremo nella virtù: cosa meravigliosa, non c’è dubbio, ma è proprio la virtù a generare e a preservare l’amicizia e senza virtù l’amicizia è assolutamente impossibile. […] L’amicizia non può esistere se non tra gli onesti. Infatti, è proprio dell’uomo onesto, che è lecito chiamare saggio, osservare che non vi sia niente di finto o simulato; infatti, è proprio degli animi nobili persino odiare apertamente piuttosto che celare il proprio pensiero dietro un falso aspetto. Inoltre non solo respinge le accuse fattegli da qualcuno, ma non è neppure sospettoso, pensando sempre che l’amico abbia commesso qualche errore. Conviene aggiungere, infine, la dolcezza di parola e di modi, condimento per nulla trascurabile dell’amicizia. […] Degno di amicizia è chi ha dentro di sé la ragione di essere amato. Specie rara! […] Di tutti i beni della vita umana, l’amicizia è l’unico sulla cui utilità gli uomini siano unanimemente d’accordo.[…] Tutti sanno che la vita non è vita senza amicizia, se almeno in parte si vuole vivere da uomini liberi. L’amicizia, infatti, si insinua, non so come, nella vita di tutti e non permette a nessuna esistenza di trascorrere senza di lei. Anzi, se un uomo fosse di indole tanto aspra e selvaggia da rifuggire da ogni contatto umano e da detestarlo, non potrebbe tuttavia fare a meno di cercare qualcuno cui vomitare addosso il veleno della sua acredine. Allora è vero quanto ripeteva, se non erro, Archita di Taranto: “Se un uomo salisse in cielo e contemplasse la natura dell’universo e la bellezza degli astri, la meraviglia di tale visione non gli darebbe la gioia più intensa, come dovrebbe, ma quasi un dispiacere, perché non avrebbe nessuno cui comunicarla”. Così la natura non ama affatto l’isolamento e cerca sempre di appoggiarsi, per così dire, a un sostegno, che è tanto più dolce quanto più caro è l’amico.[…] In realtà, i rapporti di amicizia sono vari e complessi e si presentano molti motivi di sospetto e di attrito; saperli ora evitare, ora attenuare, ora sopportare è indice di saggezza. Un motivo di risentimento in particolare non va inasprito, per poter conservare nell’amicizia vantaggi e lealtà: bisogna avvertire e rimproverare spesso gli amici e, con spirito amichevole, bisogna accettare da loro gli stessi rimproveri se sono ispirati dall’affetto. Se, dunque, è indice di vera amicizia ammonire ed essere ammoniti – e ammonire con sincerità, ma senza durezza, e accettare i rimproveri con pazienza, ma senza rancore -, allora dobbiamo ammettere che la peste più esiziale dell’amicizia è l’adulazione, la lusinga e il servilismo. Dagli tutti i nomi che vuoi: sarà sempre un vizio da condannare, un vizio di chi è falso e bugiardo, di chi è sempre pronto a dire qualsiasi cosa per compiacere, ma la verità mai”.

      L’amicizia è innanzitutto una comunicazione tra due persone che condividono passioni, situazioni comuni, che nel bene e nel male si sopportano a vicenda durante il lungo percorso della vita. Uso il termine “sopportarsi” perché tra persone vi sono sempre delle divergenze che possono far riflettere e crescere allo stesso tempo, ma anche provocare l’allontanamento, a volte anche definitivo, nei casi più gravi nei quali svanisce la fiducia, suscitando l’incomprensione degli uni verso gli altri. Purtroppo ci si rende conto dell’importanza degli amici solamente quando questi c’ignorano, quando si percepisce il loro allontanamento dalla nostra vita. In altre parole ci brucia la mancanza di un’amicizia quando ci si rende conto di averla perduta per sempre. A poco servono le scuse. Possono ricreare il dialogo, permettono forse di riallacciare i rapporti fisici, ma non riportano indietro la fiducia perduta. Come le ferite causate dalla lama di un pugnale, se pur rimarginate con il tempo, restano visibili per tutta la vita. L’amicizia è un bene prezioso che va alimentato giorno per giorno, è in continua evoluzione tanto che grazie a esso non ci rendiamo nemmeno conto dello scorrere del tempo. Plauto diceva: “Dove sono gli amici, là sono le ricchezze”, e per essere tale l’amicizia deve essere vissuta, costruita e non contemplata al pari di un monumento o di una generica meraviglia naturale. Non si può essere spettatori di un’amicizia, bisogna indossare i panni dell’attore e onorare la propria parte sulla scena, fino alla conclusione dell’atto, fino a quando non cala il sipario. Bisogna farlo sempre in prima persona, mettendosi in gioco, forse a volte sbagliando o rischiando di essere traditi. Si può rimanere estasiati alla visione di un’aurora boreale, ma non di certo indifferenti di fronte all’immagine di due cuccioli di cane e gatto che reciprocamente si coccolano, mentre giocano inconsapevoli della loro diversità e del loro futuro “avverso/avversario”. A volte cerchiamo le persone perché sappiamo che con loro la giornata sembra essere più serena, ogni evento più lieto.

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