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avete fatto alle loro mogli e alle loro figlie.»

      «Sì, è vero ho preso parte all'assalto! Ma, se puoi credermi, non ho partecipato alle scorribande come dire... accessorie.»

      «È, però, alquanto evidente che tu facessi parte di loro comunque!»

      «Non con il cuore! Diciamo che quella indegna compagnia di ventura era solo uno strumento per pareggiare un antico conto... un conto che a costo di qualsiasi cosa dovrà essermi saldato.»

      «Le tue sono ideologie che ledono alquanto il tuo libero arbitrio e ti rendono schiavo!»

      «Tu non sai niente di cosa significhi essere schiavo! Niente!» urlò raucamente. «Nulla potrà distogliermi dal mio proposito di vendetta: l'antico conto sarà saldato, fosse anche l'ultima cosa che farò» aggiunse poi con voce bassa e tremante di rancore.

      «Non vorrei che la mia curiosità ti appaia alquanto indiscreta, ma la domanda sorge spontanea: di cosa esattamente ti vuoi vendicare con cotale ardore?»

      «Ecco, bravo! La domanda è “alquanto indiscreta”. Nessuno saprà mai di cosa e con chi devo ripianare i conti e vi prego entrambi di non tornare più sull'argomento.»

      Detto ciò, l'uomo si sedette a terra e si prese la testa fra le mani incurante del piccolo rivolo di sangue che gli colava giù da una narice a causa dell'attacco del cavian.

      Giro, invece, si strappò un lembo di stoffa dal suo abito che un tempo doveva essere stato piuttosto opulento e, rivolgendosi a Djeek con voce gentile, implorò: «Giovane goblin, ti prego di intingere questo panno nella tua scodella d'acqua e di umettarmi l'ustione sulla schiena in quanto non sono in grado di raggiungerla da me medesimo, ché essa mi sta procurando alquanto fastidio. Sappi, sul mio onore di Bartolommei, che se deciderai di aiutarmi con questo piccolo gesto avrai in dono la mia fiducia.»

      Djeek non aveva ancora ben assorbito il fatto che un grosso roditore potesse parlare e per giunta in modo così forbito, che si ritrovò nuovamente a confrontarsi con concetti così alieni alla sua percezione delle mondo. “Non capisco. Se io lo aiuto, egli mi farà dono della fiducia che però non è un oggetto e quindi merce tangibile di scambio: che voglia imbrogliarmi? E poi, lo sanno tutti che la fiducia è un qualcosa di negativo: 'mai fidarsi' è il primo insegnamento di cui bisogna far tesoro per sopravvivere. Lui vuole farmi dono della fiducia, ma è un handicap, a cosa serve? O forse, pur di avere sollievo dal dolore, mi vuol far capire che è pronto ad accettare una tale pericolosa situazione su di sé? Deve essere così, accetta su di sé un danno intangibile pur di lenire un dolore tangibile: tuttavia, essere affetti da fiducia penso che sia ben più grave di una piccola ustione. Non mi sembra tanto vantaggioso per lui lo scambio che mi propone: è un tipo fiero, ma non scaltro. Fossi in lui, non proporrei uno scambio del genere... oppure sta cercando di confondermi: mi propone un qualcosa di immateriale che non potrò accertare, almeno non immediatamente. Eppure, la sua proposta mi lusinga, non so perché, mi fa sentire un po' più considerato, è un qualcosa che sento di aver già provato quando il piccolo Zadza ha deciso di seguirmi... di affidarsi a me... di fidarsi di me...”. La concentrazione che gli fu necessaria per rimettere insieme i concetti lo fece apparire imbambolato e assente, finché la voce roca dell'uomo non lo riportò alla realtà.

      «Ehi, cavian! Hai usato più di tre parole con quell'acefalo e lo sforzo per capirti gli hai mandato in pappa il cervello. Incredibile! Mai visto un goblin così rimbambito!» la frase gli si strozzò tra le risate.

      «Accetto!» sbottò improvvisamente Djeek come se per parlare avesse dovuto sfondare una diga.

      «Grazie, gentile Signore. Ero alquanto fiducioso che lo avresti fatto» rispose Giro.

      Djeek, raccolse la sua ciotola e cominciò a intingervi il panno per poi, con estremo imbarazzo, poggiarlo sull'ustione. Mentre lo faceva, la piccola Khiki uscì dal suo nascondiglio e gli si avvicinò a portata di mano. “Mi basterebbe lasciar cadere la ciotola per far secco quel bocconcino”: per un attimo quel pensiero balenò nel suo sguardo e ciò non sfuggì al cavian che prontamente sbottò con tono a stento controllato: «Hai ottenuto la mia fiducia! Non vorrai tradirmi per un misero boccone? Ti ripeto che per me Khiki è alquanto cara e sono pronto a uccidere chiunque le faccia del male. Fosse anche l'Imperatore in persona.»

      Djeek pensò al legame che in così poco tempo anch'egli aveva stabilito con Zadza. Constatò l'importanza che quel lupacchiotto aveva assunto nel suo cuore e, finalmente, comprese anche cosa significasse avere un famiglio: provò vergogna per ciò che aveva pensato di fare e, contravvenendo a un'altra importante regola del goblin che vuole essere rispettato, disse: «Scusa...»

      Giro rispose scostando lo sguardo in modo offeso: bastò quel gesto di rifiuto per ferirlo nell'animo. Capì un'altra cosa sulla fiducia: “Riceverla ti lusinga e ti rende più sicuro: è davvero un tesoro prezioso, tuttavia vedere la delusione di chi te l'ha concessa, ti strappa via quel dono e d'improvviso soffri duramente perché anche le tue certezze crollano. È un regalo meraviglioso, ma anche molto pericoloso. Esso può condizionarti nell'autonomia delle scelte: da un lato ti spinge a superare i tuoi limiti per meritarla, ma dall'altro ti rende schiavo della soddisfazione delle aspettative altrui”.

      «Non volevo tradirti… ho capito quello che provi: anch'io ho un famiglio» aggiunse.

      «Tu, hai un famiglio? Ne sono alquanto sorpreso!» esclamò Giro: la curiosità aveva preso il posto dell'ira.

      «Sì, si chiama Zadza ed è un groppalupo.»

      «Una cavalcatura goblin, quindi. Be', sì in effetti trovo che i lupi siano alquanto affini ai goblin, così come i tesorini di Givedon lo sono con noi cavian. Ahi! Piano con quel panno! Solo che non sapevo che la tua razza si curasse di famigli.»

      «La mia razza no, ma io sì… almeno credo. Zadza, per quanto ho capito, è per me un po' quello che per te è Khiki.»

      «Presto! Torna alla tua alcova!»

      Interruppero immediatamente la conversazione perché udirono dei passi avvicinarsi e una voce provenire dal corridoio.

      «Cos'era il baccano di poc'anzi? E poi, come diavolo ha fatto a spegnersi la torcia?» sbraitò la guardia mentre infilava le chiavi nella serratura della cella.

      Djeek, non voleva rivelare il fatto di essere libero e si lanciò verso il suo posto, ma l'altra estremità della catena si incastrò in una fessura e lo mandò a ruzzolare a terra facendo cadere anche la ciotola. Si rialzò prontamente, ma la guardia entrò proprio mentre era intento a liberarsi.

      «E tu? Come ci sei arrivato lì?» ringhiò minaccioso il carceriere avventandosi contro il malcapitato goblin.

      Djeek fece per sgusciare via, ma l'uomo fu più lesto e lo afferrò per un lembo di ciò che restava del suo vestito. «E ora, prima di rimetterti al posto, te ne darò di santa ragione! Così impari un'altra volta a sgattaiolare libero per la... ough!»

      L'uomo stramazzò al suolo e, dopo alcuni attimi di convulsione, rimase stecchito a terra con il lembo dell'abito di Djeek ancora stretto tra le mani.

      I tre si guardarono a vicenda con sguardo interrogativo. «Che morte alquanto strana. Sei stato tu mago?» chiese timidamente Giro.

      «A quale mago ti riferisci?» rispose ironico Fargon.

      «In che senso? Sei alquanto sibillino.»

      «Dico, ti riferisci a me o a quell'elementalista della terra?» asserì guardando biecamente Djeek. «È ora che la smetta di atteggiarti a babbeo: lo smottamento che ha liberato la tua catena non era una normale scossa sismica, era troppo localizzata, era un incantesimo. Non puoi ingannare un altro mago e soprattutto, non me!»

      «Io... elementalista?» rispose Djeek ancora non del tutto consapevole del succedersi degli eventi.

      «Sì, tu! Solo che ancora non ho capito che cosa hai fatto a quell'uomo: stavolta, non ho percepito alcun flusso elementale.»

      «Io… elementalista?» ripeté il goblin con lo sguardo sbarrato e assente.

      «Smettila di prenderci in giro, bastardo!» lo incalzò

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