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luci si attenuarono, lei gli si accostò e con tutt'altro tono aggiunse, mentre con infinita dolcezza gli regalava il sorriso e gli occhi più belli e teneri del mondo: “Vero che lo farai? Lo farai per me, solo per me, biscottino mio?”

      E a suggello della richiesta gli diede anche un bacio sulla bocca, facendolo arrossire e innamorare perdutamente di lei più di quanto egli già non fosse.

      Il bacio durò moltissimo; ma siccome nei sogni non è possibile misurare il tempo, non potrei dirvi minimamente quanto. So solo che a un certo punto finì, le luci si ravvivarono e lei tornò più seria e distaccata. I due, a cui senza che Tommaso se ne fosse accorto avevano posto addosso un grembiule da cucina e cambiato la scenografia circostante, si trovavano ora davanti al piano cottura di una cucina professionale.

      “E adesso la scena è tutta tua”, le disse la bella presentatrice.

      Tommaso ebbe solo un attimo di panico. Ma poi cominciò a prendere e a mescolare alcuni ingredienti quasi a caso, tagliuzzandoli ora a striscioline, ora a pezzettoni, versandoli e disponendoli con gesti sapienti, mescolandoli, aggiungendovi spezie ed aromi e condimenti scelti come capitava, ma disponendo sempre ogni cosa nei piatti e nei recipienti con ordine e gusto estetico.

      “E tu come Napoleone mi stai conquistando.” Vicino a lui la bella Hally andava continuamente assaggiando, intingendo il dito e poi leccandolo voluttuosamente, ed approvando con gemiti di piacere.

      Tommaso, intanto, dei suoi fantasiosi miscugli alcuni li cuoceva in padella ed altri in tegami, quali a fuoco vivo e quali a fuoco lento; e una volta impegnati tutti i fornelli ricorse anche al forno per una teglia maestosa e dall'aspetto appetitoso. Anche lui come la sua amica, che continuava senza ritegno a spizzicare con mugolii di approvazione e frasi di encomio, assaggiava in abbondanza. E là dove il fuoco non permetteva l'uso delle mani, si avventuravano cauti ma decisi con forchette e mestolini.

      “Non posso che capitolare di fronte a tanta delizia e bontà. Mi stai letteralmente prendendo il cuore e l'anima, insieme al palato”, gli disse lei.

      “Questo lo dobbiamo spegnere”, fece lui assaggiando da una padella. E sentendo una specie di trillo del forno:

      “Anche quello che è nel forno dovrebbe essere pronto. Ti dispiace farmi da aiutante e pensarci tu, carissima?”

      “Volentieri. Così intanto assaggio e sento come è venuto. Magari te ne lascio un pochino, se vuoi.”

      Un altro suono, e Tommaso istintivamente assaggiò il contenuto di un altro pentolino.

      “Per questo manca ancora un poco. Amore mio, cosa abbiamo nel forno?”, chiese Tommaso sentendo di nuovo il suono del timer.

      “Niente, mio caro. Il forno è vuoto.”

      “Ma l'hai spento? Perché se non lo spegni, anche se è vuoto, il timer continua a suonare.”

      “Certo. Guarda tu stesso.”

      Tommaso analizzò bene il forno, che era dello stesso modello di casa sua. “Hai ragione, è proprio spento. Ma deve essere rotto, perché continua a suonare.”

      “Io ho paura invece che ci stiano chiamando dalla regìa perché dobbiamo interrompere la trasmissione. Anche perché questo mi sembra tanto il suono della tua sveglia, o sbaglio?”

      “La mia sveglia? No, non può essere. E cosa c'entra con il forno?”

      Tommaso si concentrò un attimo. Sì, quello era proprio il suono della sua sveglia. La trasmissione di cui era stato ospite d'onore stava per finire, e lui doveva alzarsi per prepararsi ad affrontare una nuova, anonima giornata di lavoro.

      L'EREDITA' AUSTRALIANA

      "Signora Willingstone. Signora Willingstone" chiamò a gran voce il signor Tobias. Facendogli cenno di spegnere il motore diede un'altra moneta al ragazzo che aveva acconsentito a dargli un passaggio con il trattore.

      "Signora Willingstone", ripeté dopo essersi allisciato i suoi baffi bianco lucenti. Stavolta, senza quel frastuono di fondo, la signora Willingstone si affacciò alla porta della villa.

      "Ah, sei tu, signor Tobias. Vieni, vieni, caro notaio, che ci prendiamo un tè insieme."

      "Un tè a casa tua? Questa è proprio bella".

      Il trattore aveva ripreso il suo fastidioso rumore mentre si allontanava per la stradina melmosa. Il signor Tobias, cercando di non sporcarsi, fece quegli ultimi passi fino alla veranda sulla punta dei piedi, come un trampoliere. "Dovresti far sistemare questa stradina: è tutto un pantano."

      "Meglio. Così tiene lontano le persone indesiderate. Gli amici come te, invece, in qualche modo riescono sempre a raggiungermi. Qual buon vento ti porta? Immagino che sia in vacanza: come ogni anno, puntuale di questa stagione, giorno più giorno meno. Oserei dire che ti stavo aspettando. Entra pure."

      "Eh, ormai direi che questa potrebbe essere la mia ultima vacanza."

      "L'ultima vacanza? Cosa vuoi dire con ciò? Ti ha preso qualche malanno? O, peggio, non verrai più a trovarmi?"

      "Oh, no, tutt'altro. Anzi, forse ci vedremo più spesso. E' che mi ritiro dall'attività. Vado in pensione. Da adesso comincia per me una lunga, unica vacanza."

      "Allora abbiamo un motivo in più per festeggiare. Su, siediti che guardo se ho un po' di tè."

      Le sedie del salone di casa Willingstone, di legno rustico e senza la minima traccia di imbottitura, erano quanto di più scomodo si potesse immaginare per sedersi, parola di notaio.

      "Lascia stare il tè, tanto so che non ce l'hai. Tira fuori direttamente i bicchierini da liquore, e fammi sentire qualche specialità fatta in casa con le tue mani."

      "Bravo. Sono d'accordo. Perché io sono un po' bisbetica ma molto ospitale, non è vero?"

      A dire il vero un bicchierino ed una bottiglia mezza vuota erano già sul tavolo. La signora Willingstone portò un altro bicchierino ed un campionario di altre bottiglie di vario genere, che sistemò su un vassoio.

      "Questa, però", disse vuotandosi un altro bicchiere da una senza etichetta "è la mia preferita. Oserei dire che è unica al mondo: un distillato di noci e ghiande. E la trovi solo qui. Ma dimmi un po', cos'è questa storia della pensione?"

      Di fronte ad un bicchierino i modi di fare della signora Willingstone cambiavano sensibilmente, e questo il notaio lo sapeva benissimo. Già normalmente intrattabile ed ostile con l'universo intero, diventava ancora più acuta e pungente nella sua cattiveria; ma al tempo stesso, solo con chi beveva insieme a lei, benevola ed estremamente confidenziale.

      Forse questo cambiamento, di personalità più che di umore, era ciò che aveva reso possibile il nascere tra loro di quella strana amicizia, ancora solida a distanza di tanto tempo. Dopo la prima casuale bevuta insieme - tanti anni prima nell'unico pub di quello stesso paesino - a torto o a ragione il compìto notaio, da poco rimasto vedovo, aveva creduto di riconoscere, dietro la grande franchezza e confidenza di lei, i segni inconfondibili dell'amicizia; un'amicizia che, già appena nata, sembrava di lunga data.

      "Ormai ho una certa età, che poi è all'incirca la stessa tua, se non sbaglio. Ho deciso: lascio la mia attività, lo studio e tutto il resto a mio figlio. Continuerò a dargli una mano saltuariamente,

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