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a scagliare a terra con forza ogni oggetto che aveva a portata di mano, imprecando tra sé con convinzione. Il led rosso, quella delle chiamate importanti, si accese sul suo telefono appena un attimo prima che questo si sbriciolasse contro il pavimento. Fred si fece passare la chiamata su un altro apparecchio.

      «Hey, tu! Non è ancora detta l’ultima parola!» avvisò Giuda puntandogli un dito contro, mentre questi si apprestava a uscire di soppiatto. Incuriosito, Giuda si fermò sulla soglia con l’impermeabile in mano. Come se avesse avuto davanti il proprio interlocutore, Fred si ricompose e raddrizzò le spalle, poi si riavviò i capelli mossi che sembrava volessero scappargli dalla testa in ogni direzione.

      «Sono io Eccellenza, ... non è possibile mandare lui, questo servizio è classificabile come “ad alta percentuale di rischio” e Giuda non ha l’esperienza necessaria... e poi le responsabilità... lo so che ha chiesto espressamente di lui, ma posso andare io fingendomi lui... come può riconoscermi, quell’uomo avrà letto il suo nome in fondo a qualche articolo... se la mettete in questo modo non posso fare altro che obbedire...» disse abbassando il capo in segno di sconfitta. «No Eccellenza, vi prometto che non farò di testa mia... certo, le farò avere quei rapporti... Sempre Sia Lodato... Carogna!» aggiunse poi a denti stretti dopo aver riattaccato.

      «Non finisce qui» ringhiò infine stizzito verso il suo amico, lanciandogli un’occhiataccia. Lui abbozzò un sorriso di circostanza e si avviò lungo il corridoio, dove alcuni colleghi si mostrarono prodighi di parole d’incoraggiamento e pacche sulle spalle.

      Guidando verso il Quarto Quadrante, Giuda si scoprì eccitato e preoccupato al tempo stesso. Si chiese perché quel tale avesse chiesto proprio di lui e se si sentisse pronto ad affrontare la situazione, in fondo quel pazzo aveva appena ucciso a sangue freddo un uomo. Era vero che quell’intervista rappresentava in assoluto la più grossa soddisfazione professionale che avrebbe mai potuto ottenere in tutta la sua vita, ma lui non era affatto sicuro che valesse la pena rischiare così tanto. Il telefono sul cruscotto trillò d’improvviso, strappandolo bruscamente ai propri pensieri.

      «Ciao tesoro, non immaginerai mai quello che sta accadendo» disse a sua moglie con un entusiasmo non del tutto sincero.

      «Non andarci, ti prego!» gridò lei in un tono che gli mandò il sangue in acqua.

      «Questa è l’occasione della mia vita e non dovrei andarci? ... e poi come fai a sapere già tutto? ... già, la televisione... ma che cos’hai?» le chiese mentre cercava di scacciare l’angoscia che di colpo lo aveva attanagliato, la voce dolce e musicale di sua moglie gli pareva roca, come se prima di chiamarlo avesse pianto per ore.

      «E comunque non sono io a decidere, devo andarci perché mi è stato ordinato» le spiegò dopo aver indugiato un attimo, per poter ritrovare un tono di voce normale.

      «Che ci vadano loro, se ci tengono tanto a quel maledetto articolo! Non puoi rischiare la vita per una stupida pagina di giornale!» replicò rabbiosamente Nicole accendendogli un nuovo brivido lungo la schiena.

      «Che ti prende Nicole, non ti ho mai sentita così... ti ho detto che devo andarci... ma come è proprio per questo, cosa vuoi dire? Spiegati, per favore, mi stai spaventando! ...solo un brutto presentimento? Ma dai, cosa vuoi che possa mai accadere? Ti dico che andrà tutto bene, cerca di stare tranquilla. Tra un paio d’ore sarò a casa sventolando il mio bell’articolo» tentò di rassicurarla lui mentre già cominciava a crederci di meno, «anch’io ti amo.»

      Fabien stava correndo più veloce che poteva verso l’auto, eccitazione e paura si confondevano in lunghe ondate che dal petto gli salivano fino alle tempie, stordendolo. Era operativo soltanto da poche settimane, la percezione improvvisa del pericolo gli insinuò un dubbio: si chiese se il battesimo del fuoco fosse così tormentato per tutti o se lui fosse soltanto un vigliacco, perché aveva già capito che trovarsi lì in quel momento era l’ultima cosa che avrebbe voluto. Intanto continuava a correre mentre la sua mente saltava da un pensiero all’altro, cercando di ricordare le cose che gli avevano insegnato alla Scuola di Polizia. Realizzò con un certo disappunto che il corso di addestramento gli aveva fruttato ben poco, le nozioni che avevano cercato di inculcargli in testa, fino quasi a farle diventare riflessi condizionati, gli erano scivolate via di dosso come acqua su di un impermeabile. Sapeva di essere privo dell’istinto e della determinazione che ogni buon poliziotto deve avere per natura, ogni traccia di spavalderia era ormai scomparsa dal suo volto contratto e lui sì maledì per aver desiderato, anche solo per scherzo, di poter usare gli strumenti di morte che lo attendevano nel bagagliaio. Devo fare presto, continuava a ripetersi, ma le sue gambe non gli rispondevano come avrebbe voluto. Si sentiva come se stesse correndo lungo una spiaggia e queste, immerse nell’acqua fino alle ginocchia, procedessero a rilento rispetto alle braccia che mulinavano come impazzite nell’aria.

      “A terra!” sentì gridare d’un tratto, si tuffò e scivolò sul fango finché andò a sbattere contro il paraurti dell’auto. La clavicola della sua spalla destra si spezzò strappandogli un grido di dolore, subito dopo si voltò verso la casa e gli sembrò di assistere a una scena alla moviola.

      «Resta giù!» aveva ordinato Joe a Nick nel momento in cui avevano toccato terra, un istante dopo era di nuovo in corsa con la spalla protesa in avanti. Un attimo durò un’eternità, Joe aveva gli occhi socchiusi per lo sforzo e l’angoscia, non appena impattò contro la porta fu come se questa, offesa, avesse immediatamente reagito. Un lampo di colore verde fluorescente attraversò l’anziano Capopattuglia, come se si fosse trattato di un ologramma anziché di una persona in carne e ossa, poi proseguì la sua corsa fino a far esplodere un’auto parcheggiata a trenta metri di distanza. Una mano invisibile sollevò l’uomo e lo scaraventò violentemente all’indietro, il suo distintivo rotolò nell’aria scintillando come un piccolo disco di luce.

      Adesso Joe era di nuovo steso al suolo, immobile a pancia in su, con la testa lievemente reclinata di lato. Le gambe poggiate in modo scomposto sui gradini in legno si muovevano a scatti, con un ultimo impercettibile movimento si portò un braccio verso il petto. Fabien era scosso da violenti conati di vomito, causati dal dolore alla spalla e da ciò che aveva appena visto, gridava forte il nome del suo compagno e vedeva tutto abbagliato perché stava piangendo. Appena un attimo dopo, però, sentì cambiare qualcosa dentro di sé. Sapeva che non sarebbe mai stato coraggioso come Joe, ma si disse che ci avrebbe almeno provato perché glielo doveva. Smise di piangere e si pulì il viso con l’avambraccio, i suoi occhi erano divenuti due fessure strette e le sue labbra erano increspate dalla rabbia.

      «Maledetto,» biascicò alzandosi, «la pagherai cara.»

      Prese le armi dal bagagliaio dell’auto, poi richiuse violentemente il portello e si avviò verso la casa con passo fiero, impugnando le pistole laser. Ne lanciò una a Nick indicandogli la porta sul retro, raccolse il distintivo di Joe e lo strinse fino a farsi sanguinare il palmo della mano, come se questo semplice gesto avesse potuto infondergli tutta la forza e l’esperienza del compagno. Dopo aver ripulito con cura il dischetto d’oro lo appuntò al petto del suo amico, poi gli abbassò le palpebre mentre si stupiva per non aver nuovamente vomitato di fronte a quel macabro spettacolo.

      «Esci fuori con le mani in alto!» gridò risoluto verso la casa.

      «Non è colpa mia,» piagnucolò l’altro da dietro la porta, «il colpo è partito quando mi ha urtato... è stato un incidente, non volevo fare del male a nessuno... vi prego, non cercate di entrare o si farà male qualcun altro, io voglio soltanto rivedere mio figlio... e voglio parlare con un giornalista!»

      Le serrature si squagliarono sotto il calore del laser e Nick prese ad avanzare lentamente nel buio, col cuore in gola. Aveva appena visto morire il suo compagno ed era terrorizzato, se per caso non avesse obbedito al suo ordine di restare a terra avrebbe fatto la stesa fine. Camminava cercando di trattenere il respiro per non fare rumore, ma gli sembrava che il rimbombo dei battiti del proprio stesso cuore in petto risuonasse per tutta la casa. Fino ad allora Nick era stato da sempre destinato a semplici incarichi di sorveglianza, ora che per un’assurda serie di coincidenze si trovava a due passi dalla morte gli sembrava di percepirne persino l’odore. Intanto i suoi occhi si erano abituati un poco alle tenebre e lui continuava

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