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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 11. Edward Gibbon
Читать онлайн.Название Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 11
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Автор произведения Edward Gibbon
Жанр Зарубежная классика
Издательство Public Domain
Le accennate particolarità potrebbero bastare, se l'acume de' moderni dotti non avesse aperto ai nostri sguardi un nuovo e più vasto campo di cognizioni sulla storia degli antichi popoli. La lingua degli Ungaresi che si distingue sola, e come lingua a parte fra i dialetti schiavoni, ha un'affinità sensibile ed intrinseca cogl'idiomi della schiatta finnica93, popolo selvaggio che più non conosciamo oggi giorno, e che occupava altre volte le regioni settentrionali dell'Asia, e dell'Europa. La loro primitiva denominazione di Ugri, o Igur, trovasi sul confine Occidentale della Cina94; alcuni monumenti tartari provano la migrazione di questi popoli sulle rive dell'Irtish95; un nome e un idioma somigliante rinvenivasi nelle parti australi della Siberia96, e gli avanzi delle finniche tribù rimangono a più distanze sparsi sopra una grande estensione, che incominciando dalla sorgente dell'Oby, va a terminarsi alle coste della Lapponia.97 Gli Ungaresi, e i Lapponi usciti d'una medesima origine, offrirebbero un segnalato esempio de' poderosi effetti del clima, che fra i discendenti di uno stesso padre pone tanta opposizione, qual la veggiamo tra gli avventurieri che oggidì s'inebbriano col vino delle rive del Danubio, e i miseri fuggiaschi, sepolti in mezzo alle nevi del Circolo polare. Le armi, e la libertà furono mai sempre le passioni dominanti, ma troppo spesso infelici degli Ungaresi, cui la Natura e forza di corpo, e vigor d'animo compartì98. L'eccessivo freddo ha impicciolita la statura de' Lapponi, e addiacciate, per così dire, le facoltà loro intellettuali. Fra tutti i figli degli uomini, le solo tribù artiche ignorano che sia guerra, e non mai versarono sangue umano: fortunata ignoranza, se la loro vita tranquilla fosse un effetto della ragione e della virtù99!
L'autore della Tattica100, l'Imperatore Leone, nota che tutte le orde della Scizia si rassomigliavano nella lor vita pastorale, e militare; che tutte usavano dei medesimi modi di sussistenza, e di eguali strumenti di distruzione; ma aggiugne che le due nazioni de' Bulgari e degli Ungaresi, erano superiori alle altre, e si conformavano scambievolmente per certe miglioranze, benchè imperfette, che aveano portate nella loro disciplina, e nel loro governo: affinità che è stata a Leone un motivo di confondere i suoi amici, e i suoi nemici in una medesima descrizione, cui accrescono vivacità alcuni tratti da esso tolti agli autori contemporanei. Eccetto le prodezze, e la gloria militare, cotesti Barbari giudicavano vile, e degno di sprezzo, tutto quanto gli altri uomini estimano: la violenza naturale del loro animo acquistava forza dall'orgoglio di trovarsi in molti, e da un sentimento ingenito di libertà. Aveano tende di cuoio: coprivansi di pellicce: si tagliavano i capelli, e si faceano ferite sul volto; lentamente parlavano; operavano prontamente: violavano con impudenza i Trattati, e, non meno di tutti gli altri Barbari, troppo ignoranti per sentire l'importanza della verità, erano poi troppo orgogliosi per negare, o palliare le trasgressioni che, contro gli obblighi più solenni, a sè medesimi permetteano. Alcuni hanno lodata la costoro semplicità; ma in sostanza si asteneano da un lusso che non conoscevano; ansiosi però d'impadronirsi di tutto quanto fermava il lor guardo; insaziabili ne' lor desiderj, e forniti della sola industria che alla rapina e al ladroneccio appartiene. Questa dipintura di una nazione di pastori, racchiude tutto quanto potrebbe dirsi più partitamente ed estesamente sui costumi, il Governo, il modo di guerreggiare di tutti i popoli allo stesso grado di civiltà pervenuti. Aggiugnerò che gli Ungaresi doveano alla pesca e alla caccia una parte di lor sussistenza, e che, essendo stato osservato che coltivavano di rado la terra, da ciò stesso può inferirsi che ne' loro nuovi possedimenti abbiano tentata qualche lieve ed informe esperienza di coltivazione. Nelle loro migrazioni, e forse nelle loro spedizioni guerriere, scorgeasi al retroguardo dell'esercito un nugolo spaventoso di polvere, sollevata dalle migliaia di pecore e di buoi, che manteneano fra essi una salubre, e costante copia di latte, e di nudrimento animale. Le prime cure del Generale all'abbondanza de' foraggi volgeansi, e quando le mandrie eran sicure del loro pascolo, que' coraggiosi guerrieri non sentivano più nè pericolo, nè fatica. La confusione de' loro campi, ove, sopra un vasto spazio di terreno, sparsi stavano indistintamente gli uomini e il bestiame, gli avrebbe di leggieri avventurati a notturne sorprese, se non avesse guardati i dintorni del campo medesimo la loro cavalleria leggiera, che sempre per esplorare e impedire l'avvicinar del nemico in continuo moto si stava. Dopo avere fatte alcune esperienze sugli usi militari de' Romani, ammisero fra i proprj attrezzi di guerra la spada, e la lancia, l'elmo del soldato, e l'armadura del cavallo; ma l'arco usato nella Tartaria fu sempre l'arma lor principale. I loro figli e schiavi venivano addestrati fin da' primi anni al tiro delle frecce, e al governo
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I due Autori ungaresi de' quali più mi sono giovato, sono Giorgio Pray (
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Vien dato all'autore di questa cronaca il titolo di notaio del re Bela. Il Katona che lo colloca nel dodicesimo secolo, lo difende contro le accuse del Pray. Sembra che il ridetto Autore di annali, malgrado la sua rozzezza siasi giovato unicamente di alcuni monumenti storici, poichè così si esprime con dignità,
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V. Costantino (
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Il Pray (
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Vedonsi ne' deserti posti a libeccio di Astrakan, le rovine di una città detta
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Il Fischer (
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Nel paese di Turfan che i geografi cinesi chiaramente e partitamente descrivono (Gaubil,
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Isbrand Ives (Harris's
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Le otto tribù della schiatta finnica veggonsi descritte nella opera apprezzabilissima del signor Levesque (
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Questa pittura degli Ungaresi e de' Bulgari è tratta principalmente dalla Tattica di Leone (p. 796-801), e dagli Annali latini riportati dal Baronio, dal Pagi, e dal Muratori, A. D. 889 ec.
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Buffon (
100
Dalle osservazioni di Leone apparisce che il governo dei Turchi era monarchico; e che presso queste genti si usava di rigorose punizioni (Tattica p. 86; απεινεις και βαρειας). Reginone (in Chron., A. D. 889) mette il furto fra i delitti capitali, il che è confermato dal codice originale di S. Stefano (A. D. 1016). Se uno schiavo commettea un delitto, per la prima volta gli venia tagliato il naso obbligandolo a pagar cinque vacche; la seconda volta perdea le orecchie ed era costretto ad un'ammenda simile alla prima; la terza volta veniva punito di morte; quanto all'uomo libero non soggiaceva al supplizio capitale che dopo il quarto delitto, giacchè in pena del primo perdea soltanto la libertà (Katona,