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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 12. Edward Gibbon
Читать онлайн.Название Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 12
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Автор произведения Edward Gibbon
Жанр Зарубежная классика
Издательство Public Domain
A. D. 1186
La ribellione de' Valacchi e de' Bulgari, quanto di ignominia alla monarchia, altrettanto di inquietudine portò alla capitale. Dopo la vittoria di Basilio II, questi popoli si erano serbati sommessi ai principi di Bisanzo, sommessione per vero dire che non recava ai vassalli grande molestia; ma niuno avea mai fatta la pruova di ridurre efficacemente sotto il giogo de' costumi e delle leggi quelle selvagge tribù. Per ordine di Isacco l'Angelo, vennero private del solo modo di sussistenza che avessero, delle loro greggie, che vennero adoperate alla pompa delle nozze dell'Imperatore. Indi il rifiuto di pareggiarli nello stipendio e nel grado agli altri soldati dell'Impero, gli animi di que' guerrieri indocili affatto irritò. Pietro e Asan, due possenti Capi della stirpe degli antichi Re26, si eressero in difensori de' proprj diritti e della pubblica libertà: i fanatici, che ad essi prestarono l'uffizio di predicatori, bandirono alle genti che il glorioso S. Demetrio loro avvocato, avea sempre abbandonate le parti de' Greci: laonde la ribellione dalle sponde del Danubio ai monti della Tracia e della Macedonia si dilatò. Dopo alcuni sforzi inutili per sedarli, Isacco e il fratello d'Isacco riconobbero la loro independenza; perchè fin sulle prime, le truppe imperiali si scoraggiarono alla vista dei teschi e de' brani de' lor confratelli, lungo le gole del monte Emo dispersi. Il valore e la politica di Giovanni o Giovannizio, fondarono sopra salde basi il secondo regno de' Bulgari. Questo accorto Barbaro spedì un'ambasciata ad Innocenzo III, riconoscendosi per nascita e religione figlio di Roma27, e supplicando umilmente il Pontefice a concedergli la facoltà di battere moneta, il titolo di Re, e un arcivescovo o Patriarca latino. Nel quale intento essendo egli riuscito, il Vaticano riportò il trionfo di una nuova conquista, che fu la prima origine dello scisma; poichè, se ai Greci fosse rimasta la loro preminenza sulla Chiesa di Bulgaria, alle pretensioni della sovranità avrebbero, senza dolersene, rinunziato.
A. D. 1195-1203
I Bulgari, odiando, come odiavano, l'Impero greco, doveano sopra ogni cosa pregare il Cielo che durasse il regno d'Isacco l'Angelo, divenuto il miglior mallevadore della loro prosperità o independenza. Nondimeno i Capi de' Bulgari nella cecità del loro astio avevano egualmente a vile e la nazione greca, e l'imperiale famiglia. «Non son nati in Grecia? diceva Asan ai propri soldati. Il clima, l'animo, l'educazione sono sempre i medesimi, e produrranno sempre i medesimi effetti. Vedete voi in cima alla mia lancia queste lunghe banderuole che ondeggiano a grado del vento; non differiscono che nel colore: composte di una seta stessa, lavorate dalle stesse mani, quelle che sono tinte in color di porpora non hanno maggior prezzo o valore dell'altre28». Il Regno di Isacco, vide sorgere e cadere molti pretendenti all'Impero: un generale che avea respinte le flotte dei Siciliani, dall'ingratitudine del Monarca venne trascinato alla ribellione, indi alla propria rovina: sommosse e segrete congiure, più d'una volta turbarono i sonni del principe voluttuoso. Per più riprese salvato o dal caso, o dalla sollecitudine de' suoi domestici, soggiacque finalmente alle trame d'un ambizioso fratello, che per guadagnarsi il possedimento precario di un vacillante trono, i sentimenti della fedeltà, della natura ed ogni riguardo d'affetto dimenticò29. Intantochè Isacco si diportava pressochè solo cacciando nelle ville della Tracia, Alessio, in mezzo al campo e fra gli applausi di tutto l'esercito, vestì la porpora; scelta che la capitale e il clero approvarono. Schifo per vanità del nome dei padri suoi, il nuovo Sovrano assunse il più pomposo della famiglia real de' Comneni. Non mi restano espressioni obbrobriose per contrassegnare Alessio dopo quelle che per dipingere Isacco adoprai: unicamente aggiugnerò che l'indegno usurpatore30 durò otto anni sul trono, e ne dovette grazia ai meno effeminati vizj della sua moglie Eufrosina. Solo al vedersi inseguito, come un nemico, dalle infedeli sue guardie imperiali, del suo disastro avvidesi Isacco: e corse fuggendo, all'aspetto de' suoi persecutori, fino a Stagira in Macedonia, cammino di circa cinquanta miglia; ma abbandonato a sè stesso e privo di soccorsi l'infelice Isacco, non potè al suo destino sottrarsi. Arrestato, condotto a Costantinopoli, privato degli occhi, e confinato in una solitaria torre, solo pane ed acqua ivi furono il suo nudrimento. Nel tempo di tale catastrofe toccava soltanto il dodicesimo anno Alessio figlio d'Isacco, che crescea nella speranza di succedere al regno. La fanciullezza di lui trovò grazia presso il tiranno, che lo serbò, e nella pace, e nella guerra, a decorare la pompa del proprio corteggio. Essendo accampato in riva al mare l'esercito greco, una nave italiana favorì la fuga del giovine principe, che, sotto abito di marinaio, involatosi alle indagini de' nemici, passò l'Ellesponto, nè tardò a trovarsi, immune da pericolo, sulle coste della Sicilia. Dopo essersi indi condotto a salutare la dimora de' Santi Appostoli e ad implorare la protezione di Papa Innocenzo III, cedè Alessio agl'inviti della sua sorella, Irene moglie di Filippo di Svevia, Re de' Romani. Ma attraversando l'Italia, intese come il fiore de' cavalieri d'Occidente, nella città di Venezia assembrato, a veleggiare alla Terra Santa accigneasi: onde gli nacque in cuore un raggio di speranza, che l'armi invincibili de' Crociati tornassero il padre suo sul trono che gli era stato rapito.
A. D. 1198
Dieci o dodici anni all'incirca dopo la perdita di Gerusalemme, i Nobili della Francia vennero nuovamente alla guerra santa eccitati per la voce di un terzo Profeta, meno stravagante di Piero l'Eremita, per vero dire, ma che in politica ed eloquenza a S. Bernardo di gran lunga cedea. Un prete ignorante nato ne' dintorni di Parigi, Folco di Neuilly31 abbandonò il servigio della sua parrocchia per sostenere la parte più seducente di missionario ambulante e di predicatore del popolo: la fama della sua santità e de' suoi miracoli si diffuse; veementemente declamava contro i vizj del secolo, e i sermoni che per le pubbliche vie di Parigi
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Il senatore Niceta ha composta in tre libri la storia del regno d'Isacco l'Angelo, p. 228-290, e pensando che ei fu
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Ducange,
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Il Papa riconobbe questa origine italiana di Giovannizio.
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Questa parabola non disdice, per vero dire, allo stil di un Selvaggio; ma piaciuto sarebbemi che il Valacco non vi avesse frammessi il nome classico de' Misj, le esperienze della calamita, e la citazione di un antico poeta comico (Niceta, in
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I Latini aggravano l'ingratitudine di Alessio supponendo che Isacco lo avesse liberato dalla schiavitù in cui lo tenevano i Turchi. So che questo patetico racconto è stato spacciato a Venezia ed a Zara, e non ne trovo orma in alcuno degli Storici greci.
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