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la missione di Wilfrido ec. appresso Beda (
Hist. Eccl L. IV c. 13, 16 p. 155, 156-159).
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Dalla concorde testimonianza di Beda (Lib. II c. I p. 78), e di Guglielmo di Malmsbury (L. III p. 102) si rileva, che gli Anglo-Sassoni persisterono in questa pratica, contraria alla natura da' primi fino agli ultimi loro tempi. I loro giovani venivano pubblicamente venduti sul mercato di Roma.
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Secondo le Leggi d'Ina, essi non potevano esser legittimamente venduti di là dal mare.
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La vita d'un uomo Walus o Cambricus, che possedeva una certa misura di terra (hyde), è computata 120 scillini, dalle medesime leggi (d'Ina Tit. 32 in Leg. Anglo-Saxon. p. 10), che accordavano 200 scillini per un Sassone libero, e 1200 per un Thane (Vedi Leg. Anglo-Saxon. p. 71). Noi possiam osservare, che questi Legislatori, cioè i Sassoni occidentali ed i Mercj, continuarono le Britanniche loro conquiste, anche dopo d'esser divenuti Cristiani. Le Leggi de' quattro Re di Kent, non si degnano di prender cognizione dell'esistenza d'alcun suddito Britannico.
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Vedi Carte Istor. d'Inghilt. vol. 1. p. 278.
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Beda al fine della sua storia (an. 731) descrive lo stato Ecclesiastico dell'Isola, e censura l'implacabile, quantunque impotente, odio de' Brettoni contro la nazione Inglese, e la Chiesa Cattolica (L. V. c. 23 p. 219).
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Il giro di Pennant in Galles (p. 426, 449) mi ha somministrato un curioso ed interessante ragguaglio de' Bardi di Galles. Nell'anno 1568 fu tenuta una sessione a Caerwys per ispecial comando della Regina Elisabetta, e furono conferiti regolarmente i gradi nella musica vocale ed istrumentale a cinquantacinque suonatori. Il premio (ch'era un'arpa d'argento) fu aggiudicato dalla famiglia Mostyn.
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Regio longe lateque diffusa, milite, magis quam credibile sit, referta. Partibus equidem in illis miles unus quinquaginta generat, sortitus more barbaro denas, aut amplius uxores. Questo rimprovero di Guglielmo di Poitiers (negli Storici di Francia Tom. XI. p. 88) vien contraddetto dagli Editori Benedettini.
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Giraldo Cambrense ristringe questo dono d'ardita e facile eloquenza a' Romani, a' Francesi, ed a' Britanni. Il malizioso Gallese vuol far credere, che la taciturnità Inglese potrebb'esser forse l'effetto della lor servitù sotto i Normanni.
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La pittura de' costumi di Galles e dell'Armorica è tratta da Giraldo (Descript. Cambriae c. 6, 15 inter Scriptor. Cambden p. 886, 891), e dagli autori, che cita l'Abbate di Vertot (Hist. crit. Tom. II. p. 259, 266).
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Vedi Procopio De bell. Gothic. L. IV. c. 20, p. 620, 625. L'Istorico Greco stesso è così confuso dalle maraviglie ch'ei riferisce, che appena tenta di distinguer le isole di Brittia, e di Brettagna, ch'egli ha identificato per mezzo di tante inseparabili circostanze.
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Teodeberto, nipote di Clodoveo, e Re d'Austrasia, era il più potente e guerriero Principe del suo tempo; e questa notabile avventura si può collocare fra gli anni 534 e 547 che furono gli estremi termini del suo regno. Teudechilde, sua sorella si ritirò a Sens, dove fondò Monasteri, e distribuì elemosine (Vedi le note degli Editori Benedettini in Tom. II. p. 216). Se prestiamo fede alle lodi di Fortunato (L. VI. Carm. 5. in Tom. II. p. 507) Radigero restò privo di una moglie molto stimabile.
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Era forse sorella d'uno de' Principi, o Capi degli Angli, che nel 527 e ne' seguenti anni sbarcarono fra l'Umber ed il Tamigi, ed appoco appoco fondarono i regni dell'Inghilterra Orientale e della Mercia. Agli scrittori Inglesi è ignoto il nome e l'esistenza di essa: ma Procopio può avere somministrato a Rowe il carattere e la situazione di Rodoguna nella tragedia del Convertito reale.
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Nella copiosa storia di Gregorio di Tours non possiamo trovare alcuna traccia d'ostile o amichevol commercio fra la Francia e l'Inghilterra, eccettuato il matrimonio della figlia di Cariberto Re di Parigi, quam Regis cujusdam in Cantia filius matrimonio copulavit (l. IX. c. 26 in Tom. II. p. 348). Il Vescovo di Tours finì la sua storia, e la vita quasi immediatamente prima della conversione di Kent.
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Tali sono le figurate espressioni di Plutarco (Oper. Tom. II. p. 318 edit. Wechel) a cui, sull'autorità di Lampria suo figlio (Fabric., Biblioth Graec. Tom. III p. 341), attribuirò francamente la maliziosa declamazione περι τμς Ρωμαηον τυχης sopra la fortuna de' Romani. Era prevalsa la medesima opinione fra' Greci dugento cinquant'anni prima di Plutarco; e Polibio espressamente si propone di confutarla (Hist. L. I p. 90 Edit. Gronov. Amstel. 1670).
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Vedansi i preziosi residui del santo libro di Polibio, e molte altre parti della sua storia generale, specialmente una digressione nel libro 170, in cui paragona la falange, e la legione.
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Sallust., De Bell. Jugurtin. cap. 4. Tali erano le generose proteste di P. Scipione e di Q. Massimo. L'Istorico latino avea letto, e probabilissimamente trascrisse Polibio, loro contemporaneo ed amico.
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Mentre Cartagine si trovava in mezzo alle fiamme, Scipione ripeteva due versi dell'Iliade, ch'esprimono la distruzione di Troia, confessando a Polibio, suo amico e precettore (Polyb., in Excerpt. de virtut. et vit. T. II p. 1455, 1465), che riflettendo alle vicende delle cose umane, interamente applicavali alle future calamità di Roma (Appian., in Libycis p. 136, edit. Toll.).
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Vedi Daniel II 31, 40. «Ed il quarto regno sarà forte come ferro, perciocchè rompe come il ferro, e supera tutte le cose». Il resto della profezia (cioè la mescolanza del ferro e della creta) s'avverò secondo S. Girolamo, ne' suoi tempi: Sicut enim in principio nihil Romano Imperio fortius, et durius ita in fine rerum nihil imbecillius: quum et in bellis civilibus, et adversus diversas nationes aliarum gentium barbararum auxilio indigemus. Oper. Tom. V p. 572.