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di questa seconda guerra gotica e della vittoria di Narsete (l. IV c. 21, 26-35). Splendido quadro! Fra i sei argomenti di poema epico che il Tasso volgeva in mente, egli esitava tra la conquista d'Italia fatta da Belisario e quella fatta da Narsete (Hayley's Works, vol. IV p. 70).

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Ignota è la patria di Narsete, poichè non si dee confonderlo col Persarmeno. Procopio gli dà il nome di (Got. l. II c. 13) Βασιλικων χρηματων ταμιας, Paolo Varnefrido (l. II c. 3 p. 776) lo chiama Chartularius: Marcellino aggiunge il titolo di Cubicularius. In un'iscrizione sul ponte Salario egli vien chiamato Ex-Consul, Ex-Praepositus, Cubiculi Patricius (Mascou, Storia dei Germani, l. XIII c. 25). La legge di Teodosio contro gli eunuchi era caduta in disuso o abolita (annot. XX). Ma la sciocca profezia dei Romani sussisteva in tutto il vigore (Procop. l. IV c. 21).

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Il Lombardo Paolo Varnefrido racconta con compiacenza i soccorsi, i servigi e l'onorevol congedo de' suoi paesani. Reipublicae Romanae adversus aemulos adjutores fuerant (l. II c. 1 p. 774, ediz. Grot.). Mi fa stupore che Alboino, guerriero lor re, non conducesse in persona i suoi sudditi.

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Egli fu, se non un impostore, il figlio del cieco Zame, salvato per compassione ed allevato nella Corte di Bisanzio pei differenti motivi di politica, di generosità e di orgoglio (Procop. Persic. l. I c. 23).

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Al tempo di Augusto e nel medio evo, tutto il territorio che si stende da Aquileja a Ravenna era coperto di boschi, di laghi e di paludi. L'uomo ha vinto la natura, e si coltivò la terra dopo che cacciate od imprigionate ne furon le acque. Vedi le erudite ricerche del Muratori (Antiquitat. Italiae Medii aevi, tom. I, dissert. XXI p. 253, 254) tratte da Vitruvio, Strabone, Erodiano, dai vecchi diplomi, e dalla cognizione de' luoghi.

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La via Flaminia, secondo le correzioni del Danville, fatte dietro gl'itinerari e le migliori carte moderne (Analyse de l'Italie, p. 147-162), può determinarsi nel modo che segue: da Roma a Narni, 51 miglia romani; a Terni, 57; a Spoleto, 75; a Foligno, 88; a Nocera, 103; a Cagli, 142; ad Intercisa, 157; a Fossombrone, 160; a Fano, 176; a Pesaro, 184; a Rimini, 208; circa 189 miglia inglesi. Egli non parla della morte di Totila; ma Vesselingio (Itinerar. p. 614) in luogo del campo di Tagina mette l'incognito nome di Ptanias in distanza di otto miglia da Nocera.

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Tagina, o veramente Tadina, vien ricordata da Plinio; ma la sede vescovile di questa oscura città, posta nella pianura distante un miglio da Gualdo, fu riunita nel 1007 a quella di Nocera. Si conservano i segni dell'antichità nei nomi dei luoghi, come Fossato (il campo), Capraja (Caprea), Bastia (Busta gallorum). Vedi Cluverio (Italia antiqua, l. II c. 6 p. 615, 616, 617), Luca Olstenio (Adnot. ad Cluver. p. 85, 86), Guazzesi (dissert. p. 177-217, che di ciò tratta ex professo), e le carte dello Stato ecclesiastico pubblicate da Le Maire, e Magini.

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Avvenne questa battaglia nell'anno di Roma 458, ed il Console Decio, col sacrificare la propria vita, assicurò il trionfo della sua patria e del suo collega Fabio (Tito Livio, X, 28, 29). Procopio ascrive a Camillo la vittoria di Busta Gallorum; ed il suo errore vien impugnato da Cluverio col nazionale rimprovero di Graecorum nugamenta.

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Teofane, Chron. p. 193. Hist. Miscell. l. XVI p. 108.

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Evagrio, l. IV c. 24. L'inspirazione della Vergine rivelò a Narsete il giorno e la parola d'ordine della battaglia. (Paolo Diacono, l. II c. 3 p. 776).

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Επι τουτου βασιλευοντος το πεμπτον εαλω. (Regnando lui presa cinque volte). Nell'anno 536 da Belisario, nel 546 da Totila, nel 547 da Belisario, nel 549 da Totila, e nel 552 da Narsete. Maltrate si è apposto male traducendo sextum; errore che egli ritratta in appresso: ma il male era fatto; e Cousin, con una mano di lettori francesi e latini, era caduto nell'inganno.

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Si paragonino due passi di Procopio (l. III c. 26; l. IV c. 24), i quali, aggiungendovi qualche lume tolto di Marcellino e da Giornande, illustrano lo stato del Senato spirante.

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Vedi, nell'esempio di Prusia, come trovasi nei frammenti di Polibio (excert. legat. XCVII p. 927, 928) un curioso ritratto di uno schiavo regale.

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Il Δρακων di Procopio (Goth. l. IV c. 35) è manifestamente il Sarno. Cluverio ne accusa od altera con violenza il testo (l. IV c. 3 p. 1156); ma Camillo Pellegrini di Napoli (Discorsi sopra la Campania Felice, p. 330, 331) ha provato con antichi documenti che sia dall'anno 822 quel fiume chiamavasi il Dracontio, o Draconcello.

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Galeno (De Method. Medendi, l. V apud Cluver. l. IV c. 3 p. 1159, 1160) descrive il sito elevato, l'aria pura ed il prezioso latte del monte Lattario, i cui benefici effetti erano egualmente conosciuti e ricercati al tempo di Simmaco (l. VI epist. 18) e di Cassiodoro (Var. XI, 10). Nulla or ne rimane, tranne il nome della città di Lettere.

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Il Buat (tom. XI p. 2 ec.) fa passare in Baviera, suo prediletto paese, questo avanzo di Goti, i quali da altri vengono sepolti nei monti di Uri, o restituiti alla natia lor isola di Godlanda (Mascou, annot. XXI).

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Io lascio che Scaligero (Animadvers. in Euseb. p. 59) e Salmasio (Exercitat. Plinian. p. 51, 52) contendano fra loro intorno all'origine di Cuma, la più antica delle colonie greche in Italia (Strab. l. V p. 372. Vellejo Patercolo, l. I c. 4), già quasi deserta al tempo di Giovenale (Satir. III), ed ora in rovina.

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Agatia (l. I c. 21) mette la grotta della Sibilla sotto le mura di Cuma; egli in ciò si accorda con Servio (ad l. VI Aeneid.); nè io scorgo perchè l'opinione loro sia rigettata da Heyne, eccellente editore di Virgilio (tom. II p. 650, 651). In urbe media secreta religio! Ma Cuma non era ancor fabbricata; ed i versi di Virgilio (l. VI 96, 97) diverrebbero ridicoli, se Enea si trovasse in una città greca.

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Avvi qualche difficoltà nel connettere il capitolo 35. del libro IV della guerra Gotica di Procopio insieme col libro primo dell'istoria di Agatia. Ci è forza ora lasciare uno statista ed un soldato per seguire i passi di un poeta e di un retore (l. I p. 11; l. II p. 51, ediz. Louvre).

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Tra le favolose imprese di Buccellino si trova che egli sconfisse ed uccise Belisario, soggiogò l'Italia e la Sicilia, ec. Vedi, negli Storici di Francia, Gregorio di Tours (tom. II l. III c. 32 p. 203) ed Aimoino (tom. III l. II. De Gestis Francorum, c. 23 p. 59).

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Agatia parla della loro superstizione con filosofico stile (l. I p. 18). A Zug, nella Svizzera, l'idolatria dominava ancora nell'anno 613. San Colombano e San Gallo furono gli apostoli di quel selvaggio paese; e quest'ultimo fondò un romitorio, che, crescendo, divenne un principato ecclesiastico ed una città popolosa, sede della libertà e del commercio.

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Vedi la morte di Lotario in Agatia (l. II p. 38) ed in Paolo Varnefrido, soprannominato il Diacono (l. II c. 3 p. 775). I Greci lo fanno divenir frenetico e mangiarsi la propria carne. Egli avea saccheggiato le chiese.

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Il P. Daniele (Hist. de la Milice françoise, t. I p. 17-21) ha fatto di questa battaglia una descrizione a capriccio, alquanto nel genere del cavaliere Folard, l'editore una volta famoso di Polibio, il quale accomodava, a norma delle sue abitudini ed opinioni, tutte le operazioni militari dell'Antichità.

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Agatia (l. II p. 47) riferisce un epigramma greco di sei versi sopra questa vittoria di Narsete, che favorevolmente vien paragonata alla battaglia di Maratona e di Platea. La differenza principale, a dire il vero, sta nelle conseguenze loro: – così triviali nel primo caso – così durevoli e gloriose nel secondo.

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In cambio del

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