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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 3. Edward Gibbon
Читать онлайн.Название Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 3
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Автор произведения Edward Gibbon
Жанр Зарубежная классика
Издательство Public Domain
Nel corso della medesima persecuzione governava la Chiesa non sol di Cartagine, ma eziandio dell'Affrica lo zelante, l'eloquente, ed ambizioso Cipriano. Aveva esso tutte le qualità, che impegnar potevano la riverenza del Fedele, o provocare i sospetti, e l'ira de' magistrati Pagani. Pareva, che il carattere parimente e la situazione di lui additassero quel santo Prelato come il più distinto oggetto del pericolo e dell'invidia76. L'esperienza però della vita di Cipriano è sufficiente a provare, che la nostra immaginazione ha esagerato le pericolose circostanze di un Vescovo Cristiano; e che i rischi, a' quali andava esposto, erano meno imminenti di quelli, che la temporale ambizione è sempre disposta a incontrare nella carriera degli onori. Furono uccisi quattro Imperatori Romani con le loro famiglie, i favoriti, gli aderenti nello spazio di dieci anni; durante il qual tempo guidò il Vescovo di Cartagine con la sua autorità ed eloquenza le deliberazioni della Chiesa Affricana. Solo nel terz'anno del suo Governo ebb'egli motivo per pochi mesi di temere i rigorosi editti di Decio, la vigilanza de' Magistrati ed i clamori del Popolo, che ad alta voce dimandava, che Cipriano, condottier de' Cristiani, fosse gettato a' leoni. La prudenza suggerì come necessaria per un tempo la ritirata, ed egli obbedì alla voce della prudenza. Si ritirò in un'oscura solitudine, dalla quale potè mantenere una costante corrispondenza col Clero e col Popolo di Cartagine; e nascondendosi finchè la tempesta fosse passata, si conservò in vita, senza interrompere la sua potenza o la sua riputazione. L'estrema di lui cautela però non isfuggì la censura de' più rigidi fra' Cristiani, che si lagnavano, nè i rimproveri de' suoi personali nemici, che insultavano una condotta, da essi risguardata come un pusillanime e colpevole abbandono del più sacro dovere77. La convenienza di riservarsi per li futuri bisogni della Chiesa, l'esempio di molti santi Vescovi78 e le divine ammonizioni, ch'egli stesso dichiarava di ricever frequentemente nelle visioni e nell'estasi, erano le ragioni, ch'esso adduceva per giustificarsi79. Ma si vede la sua migliore apologia nella volontaria fermezza, con cui, circa otto anni dopo, soffrì la morte per causa della religione. È stata fatta l'istoria autentica del suo martirio con insolito candore ed imparzialità; onde un breve ragguaglio delle circostanze più importanti, che l'accompagnarono, ci darà la più chiara idea dello spirito e delle formalità delle persecuzioni Romane80.
Nel tempo che Valeriano era Console per la terza volta, e Gallieno per la quarta, Paterno, Proconsole d'Affrica, citò Cipriano a comparire avanti al suo Consiglio privato. Ivi l'informò dell'ordine Imperiale che allora avea ricevuto81, affinchè quelli, che avevano abbandonato la religione Romana, dovessero immediatamente tornare a praticar le ceremonie de' loro antenati. Cipriano replicò senza esitare, ch'egli era un Cristiano ed un Vescovo consacrato al culto dell'unico e vero Dio, al quale offeriva ogni giorno le proprie suppliche per la salvezza e prosperità de' due Imperatori, suoi legittimi Sovrani. Con modesta fiducia invocò il privilegio di cittadino, ricusando di dare alcuna risposta a varie odiose ed, a vero dire, illegali questioni, che il Proconsole avea proposte. Fu pronunziata una sentenza d'esilio per pena della disubbidienza di Cipriano, e fu esso condotto senza dilazione a Curabi, città libera e marittima, di Zeugitania, in una piacevol situazione, in un fertile territorio, ed alla distanza di circa quaranta miglia da Cartagine82. L'esule Vescovo godeva de' comodi della vita e della coscienza della propria virtù. Era sparsa la sua riputazione per l'Affrica e per l'Italia; fu pubblicato, per edificazione del mondo Cristiano, un racconto della sua condotta83; e la solitudine del medesimo era frequentemente interrotta dalle lettere, dalle visite, e dalle congratulazioni de' Fedeli. All'arrivo di un nuovo Proconsole nella Provincia, parve che la fortuna di Cipriano prendesse per qualche tempo un aspetto più favorevole. Fu esso richiamato dal bando, e quantunque non gli fosse per anche permesso di ritornare in Cartagine, gli furono assegnati per luogo di sua dimora i propri di lui giardini, situati ne' contorni della capitale84.
Finalmente, appunto un anno dopo che Cipriano fu chiamato per la prima volta in giudizio, Galerio Massimo, Proconsole d'Affrica, ricevè l'imperial dispaccio pur l'esecuzione de' Dottori Cristiani85. Al Vescovo di Cartagine parve grave di esser egli destinato per una delle prime vittime, e la fragilità della natura lo tentò a sottrarsi per mezzo di una segreta fuga al pericolo ed all'orror del martirio; ma presto ricuperando quella fortezza ch'esigeva il proprio carattere, tornò a' suoi giardini, ed aspettò pazientemente i ministri della morte. Due uffiziali di qualità, a' quali affidata venne tal commissione, posero Cipriano in un cocchio fra loro, e poichè il Proconsole allora non era in comodo, lo condussero non già in una carcere, ma in una casa privata in Cartagine, appartenente ad uno di essi. Fu apparecchiata un'elegante cena pel Vescovo, e fu permesso a' suoi amici Cristiani di godere per l'ultima
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La conversione della propria moglie provocò Claudio Erminiano, Governatore della Cappadocia, a trattare i Cristiani con straordinario rigore. Tertulliano ad
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Tertulliano, nella sua lettera al Governatore dell'Affrica, fa menzione di molti notabili esempi di lenità e di tolleranza, de' quali esso ebbe notizia.
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Quantunque non possiam prestare intera fede all'epistole, o agli atti d'Ignazio, che si trovano nel II tomo dei Padri Apostolici; pure possiam citare quel Vescovo d'Antiochia come uno di questi martiri condannati per esempio degli altri. Fu egli mandato in catene a Roma come ad un pubblico spettacolo; e quando arrivò a Troade, ricevè la piacevol notizia, che la persecuzione d'Antiochia era già terminata.
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Fra' Martiri di Lione (
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Se noi riflettiamo, che tutti i plebei di Roma non eran Cristiani, e che tutti i Cristiani non eran santi nè martiri, possiam giudicare, con quanta certezza possano attribuirsi gli onori sacri a quelle ossa ed urne, che si prendono senza distinzione alcuna da' pubblici cimiteri. Dopo un libero ed aperto commercio, che se n'è fatto per dieci secoli, si è risvegliato qualche sospetto fra' più eruditi Cattolici. Al presente si richiedono, come una prova di santità e di martirio le Lettere R. M., una caraffa piena di liquor rosso, che si crede sangue o la figura di una palma. I due primi segni però son di piccolo peso, e quanto all'ultimo si osserva da' Critici 1. che quella che si dice figura d'una palma, è forse un cipresso o anche puramente un punto, o un intrecciamento di punteggiatura usato nelle iscrizioni sepolcrali; 2. che la palma era il simbolo della vittoria fra' Pagani; 3. che fra' Cristiani serviva come d'emblema non solo del martirio, ma anche di una gloriosa risurrezione in genere. Vedi la lettera del P. Mabillon sul culto de' Santi ignoti, ed il Muratori sopra le Antichità Italiane (
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Per dare un saggio di queste leggende, ci contenteremo de' diecimila soldati Cristiani fatti crocifiggere in un giorno da Traiano o da Adriano sul monte Ararat. Vedi Baronio
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Vedi Dionisio
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Le lettere di Cipriano somministrano una molto curiosa ed original pittura sì di esso che de' suoi tempi. Vedansi parimente le due vite di Cipriano, scritte con ugual esattezza quantunque con mire assai differenti, l'una da Le Clerc (
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Vedasi la civile ma severa lettera del Clero di Roma al Vescovo di Cartagine (
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Specialmente quello di Dionisio di Alessandria, e di Gregorio Taumaturgo di Neocesarea. Vedi Euseb. (
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Vedi Cipriano,
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Abbiamo una vita originale di Cipriano fatta dal Diacono Ponzio, compagno del suo esilio e spettatore della sua morte; e possediamo ancora gli antichi Atti Proconsolari del suo martirio. Questi due documenti son coerenti fra loro e probabili; e quel ch'è più osservabile, sono spogliati di qualunque circostanza maravigliosa.
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Potrebbe parere, che questi fosser ordini circolari mandati a tutti i Governatori nel medesimo tempo. Dionisio (
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Vedi Plinio,
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Vedi Cipriano (
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Nell'atto della sua conversione aveva egli venduto quei giardini per benefizio de' poveri. La bontà di Dio (probabilissimamente la liberalità di alcuni amici Cristiani) li restituì a Cipriano. Vedi Ponzio c. 15.
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Quando Cipriano un anno avanti era stato mandato in esilio, sognò che sarebbe stato posto a morte nel seguente giorno. L'evento fece spiegare quella parola come indicante un anno. Vedi Ponzio. c. 12.