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che prescrisse lo stesso zelo esclusivo. L'intolleranza religiosa non è altro che una incompatibilità di dottrina che nasce dalla natura, anzichè dall'arbitrio degli uomini. Siccome non può stare, che il triangolo abbia e non abbia tre lati, così non può conciliarsi, che sia stata rivelata da Dio una dottrina ed un'altra ad essa contraria: e s'egli ha annessa la salvazione a quella, non può essere, che si salvi chi a questa si attiene.

      È ben altro l'insociabilità de' costumi, l'inumanità, la crudeltà, onde negli ultimi tempi furono rimproverati i Giudei per una depravazione personale contraria alle leggi di Mosè, il quale se vietò loro di trattare cogli Idolatri per non contaminarsi coll'esecrande lordure, che vengono rammemorate ne' libri sacri, ordinò loro nel medesimo tempo, che rendessero a' forestieri tutti gli uffizi della carità; e di trattarli come se stessi, a motivo che anch'eglino erano stati forestieri nella terra di Egitto.

      La legge Mosaica fu istituita per un paese particolare e per una sola nazione quanto alla parte cerimoniale ed all'amministrazione politica, ma quanto ai precetti del Decalogo, che appartengono alla natura e cui Iddio si degnò di confermare colla rivelazione, obbliga tutti gli uomini.

      Che i primi Giudei testimonj de' miracoli, co' quali Iddio gli scortava, non li credessero, e che vi prestassero cieca credenza i posteri per semplice tradizione, l'Autore lo raccoglie da quel passo: usquequo detrahet mihi populus iste? Usquequo non credent mihi in signis, quae feci coram eis? Gli dobbiamo rimproverare l'ignoranza del Latino, o la mala fede? Per non esserci permesso nè l'uno nè l'altro, farebbe d'uopo, che nel testo si leggesse usquequo non credant signa quae feci coram eis. Ma l'espressione usquequo detrahent mihi: usquequo non credent mihi in signis suona in volgare: Fino a quando mormoreranno della mia condotta? Fino a quando non presteranno fede alle mie minacce ed alle mie promesse, giacchè ho fatti innanzi a loro tanti miracoli? Questo è il vero rimprovero fatto a' primi Giudei, e che si vede non meno frequentemente ripetuto a' Giudei del secondo tempio. Per la qual cosa nulla da questo luogo può riferirsi contro la certezza degli enunciati miracoli.

      I Profeti riunirono nel Messia co' caratteri di Re, e di Conquistatore quelli di Martire e di Figliuolo di Dio, e questi si trovano raccolti in ogni libro di Teologia. Ma ripiglia Orobio: Gesù non essendo stato Re e Conquistatore temporale, perchè i suoi seguaci ricorrono al senso spirituale? Perchè risponde il Limborchio, tal è l'interpretazione datane dagli Scrittori del nuovo Testamento, inspirati da quel Dio che dettò l'antico: e le prove dell'inspirazione di quelli è tale, che i Giudei non possono contrastarle senza ferire ancor questo.

      La Chiesa non restò pure un momento confusa colla Sinagoga, nè quanto alla dottrina, nè quanto alla comunione. Gli Ebrei insegnavano, che la salute dipendeva unicamente dalla legge Mosaica; che Gesù era stato un impostore, e che la sua dottrina doveva passare per un'empia e detestabile profanazione. Secondo i Cristiani, Gesù era figliuolo di Dio, da cui solo sperar si doveva la vita eterna, e le cerimonie Mosaiche erano divenute per lo meno inutili. Circa la comunione, i Cristiani si congregavano in case private, e la Sinagoga lungi dal tollerarli li perseguitò fieramente e dentro e fuori della Palestina.

      Lo sbaglio dell'Autore sarà per avventura derivato dal vedere, che nel primo secolo alcuni de' Giudei convertiti univano amendue i culti. Nel qual punto di storia sembra, che le sue idee fossero molto superficiali e confuse.

      Tre classi di Giudei sostenevano l'osservanza dei riti Mosaici: alcuni li congiungevano all'Evangelio, ma senza crederli necessari alla salute; e questi erano riconosciuti per Ortodossi; altri ne insegnavano la necessità, e furono rigettati come Eretici sin dalla nascita della Chiesa, allor quando gli Apostoli nel Concilio di Gerusalemme dichiararono, che non erano più necessari. Nella terza classe mettiamo i Giudei non convertiti, i quali esaltavano tanto le istituzioni Mosaiche, che condannavano assolutamente la legge ed il culto di Cristo.

      Ora scrive l'Autore, che gli argomenti impiegati da' Giudei convertiti a provare, che le ceremonie Mosaiche non potevano abrogarsi, e che tutti i Proseliti li dovevano riconoscere come indispensabili, non plausibili: gli espone in compendio, e cita la conferenza d'Orobio con Limborchio, dove si trovano estesamente spiegati (p. 103). Chi non dirà ad un tal parlare, che Orobio difenda la causa de' Cristiani giudaizzanti? Frattanto questa è una metamorfosi operata dall'immaginazione dell'Autore, che lo ha convertito tanti anni dopo che è morto; impresa, che non potè riuscire al Limborchio, col quale il Giudeo Orobio disputò per ben tre volte contro il Cristianesimo, e rimase Giudeo. Sì fatti errori, commessi per troppo abbondare in erudizione, ci vagliano di ammaestramento; quando ci rammentiamo della sicurezza, colla quale egli dichiarò nella piccola prefazione di aver letti tutti gli originali, coi quali aveva illustrate la sue ricerche.

      Ma quali sono gli argomenti, a cui egli dà tanto peso? Iddio è immutabile. Che ne segue? Si muta egli forse per aver limitata l'esistenza dell'uomo? No. Perchè adunque non ha potuto ab eterno volere, che la legge Mosaica durasse sino a certo tempo, e poi desse luogo a quella, che ne' suoi immutabili decreti doveva seguire? Gesù Cristo e gli Apostoli osservarono le ceremonie di Mosè: perchè, dice S. Paolo, non era stato ancora squarciato l'antico chirografo; dappoichè Gesù ebbe consumate sulla croce tutte le profezie, cominciò un nuovo ordine di cose, e gli Apostoli coll'intervento del divino Spirito dichiararono, che il peso de' riti Mosaici non era più necessario.

      Vi vuol dunque una gran dose di stupidezza o di malignità a dire, che la sagacità de' santi Interpreti qui ha dato di piglio all'allegoria, ovvero ai sofismi, come se in una cosa tanto facile e piana sorgessero difficoltà da non potersi altrimenti superare.

      Nel raccontar le vicende della Chiesa di Gerusalemme l'Autore confonde i Nazarei Eretici co' primi Cristiani, ch'ebbero per qualche tempo la denominazione medesima: tolto il quale equivoco, si scorgerà chiaramente nella Storia che la Chiesa Gerosolimitana fu sempre ortodossa, e quando andò, e quando ritornò da Pella; mentre se professava coll'Evangelio i riti Mosaici, non ne insegnava la necessità; sebbene per essere que' Fedeli ammessi nella nuova città edificata da Adriano sul monte Sion avessero dovuto rinunziare ad ogni costume Giudaico. I Nazarei Eretici, che ne difendevano la necessità, e nutrivano altri errori capitali contro la fede, cacciati da Gerusalemme non ebbero più permesso di farvi ritorno per la loro ostinazione, e rimasero separati dalla comunicazione dei Fedeli nella stessa guisa di prima. Secondo alcuni eglino stessi sono gli Ebioniti; ma secondo altri l'una setta è diversa dall'altra.

      San Giustino Martire fu d'avviso, che non fosse peccaminosa l'osservanza de' riti Mosaici, purchè non si credesse necessaria. Ma invece di spiegarsi colla più riservata diffidenza, nel passo si legge ripetuto tre volte salvatum talem iri aio. Nella traduzione dell'Autore Trifone l'interroga del sentimento della Chiesa; e nel testo si dice; an sunt, qui dicant, hujusmodi salvatum non iri? Sunt, ego respondi. Non esprime quanti erano, molto meno che fosse opinione di tutta la Chiesa. Cum talibus, prosegue il Santo, neque consuetudinis, neque hospitii communionem habere audent; parole compendiate così dal Mosemio: minus clementer decernunt. L'Autore prese da questo la citazione, e vi fece un ampio comento: asserendo che quando Giustino fu pressato a dichiarar il sentimento della Chiesa, confessò che vi erano molti fra gli Ortodossi Cristiani, che non solo escludevano i loro giudaizzanti fratelli dalla speranza di salvazione, ma che evitavano ancora ogni commercio con loro ne' comuni offizj di amicizia, d'ospitalità e di vita sociale. In un quadro d'intolleranza si doveva por mano a tinte assai forti.

      Gli Gnostici non rigettarono l'antico Testamento per averlo trovato pieno di difetti, ma perchè fu inspirato dal Creatore, che nel loro sistema de' due principj era l'Autore del male. Per lo stesso sistema neppur poterono accomodarsi agli Evangeli, ne' quali s'insegna, avere il Verbo assunta umana carne, la quale era per loro opera del Creatore.

      Le difficoltà, ch'egli cita contro l'antico Testamento, abusando del nome degli Gnostici, sono state ripetute sino alla nausea dai predecessori del Signor Gibbon, e gli Apologisti vi hanno tanta luce arrecata, che non possono più rimettersi in campo senza stancare la pazienza del Pubblico. Simili dettagli al nostro istituto non si convengono.

      Dite voi, che sino ad Adriano la Chiesa tollerò tutte le Sette? Gesù Cristo aveva ordinato: si ecclesiam non audiverit, sit tibi, tanquam ethnicus et pubblicanus; e l'Apostolo aveva detto

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