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che scherza fra i cordami della Folgore.»

      «E questi sospiri?…»

      «È l’onda che si rompe sui fianchi della nave.»

      «Tu lo credi, amburghese?»

      «Sì.»

      «Ed io niente affatto. Vedrai, presto noi vedremo emergere dai flutti i due cadaveri del Corsaro Rosso e del Verde.»

      Il signor di Ventimiglia intanto continuava a scrutare il mare con ansietà crescente. Di tratto in tratto un profondo sospiro si sprigionava dal suo petto. Pareva che i suoi occhi cercassero discernere qualche cosa che si celava dietro la fosca linea dell’orizzonte.

      «Cavaliere,» disse Morgan. «Cosa cercate?»

      «Io non lo so,» rispose il Corsaro con voce cupa. «Qualche cosa però sta per apparire.»

      «I vostri fratelli?»

      Invece di rispondere il Corsaro chiese:

      «Sono rinchiusi nelle loro amache gli uomini uccisi dalla bordata della fregata?»

      «Sì, cavaliere. I nostri marinai non attendono che il vostro comando per gettarli in mare.»

      «Aspettate ancora.»

      Si spinse innanzi aggrappandosi alla balaustrata del ponte di comando e parve che ascoltasse con profondo raccoglimento.

      Sulla nave regnava allora un silenzio assoluto, rotto solamente dai gorgoglii dell’acqua e dai gemiti del vento soffiante fra i mille cordami dell’attrezzatura.

      I marinai, vinti da un superstizioso terrore, parevano pietrificati. Più nessuno aveva osato parlare dopo Carmaux e Wan Stiller.

      D’improvviso un grido attraversò lo spazio. Pareva che venisse dalle profondità del mare.

      Era stato mandato da qualche cetaceo nuotante a fior d’acqua o da qualche essere misterioso? Nessuno avrebbe saputo dirlo.

      «Avete udito?…» chiese il Corsaro, volgendosi verso Morgan.

      Il luogotenente non aveva risposto, però si era slanciato innanzi come se avesse cercato di distinguere, fra quelle onde luminose, l’essere che aveva mandato quel grido.

      «È il Corsaro Rosso che rimonta a galla,» riprese il cavaliere. «Sì, egli aspetta ancora la vendetta!»

      Ad un tratto, lontano lontano, presso l’oscura linea dell’orizzonte, si vide apparire come una massa nera la quale solcava rapidamente i flutti. Cos’era? Poteva essere una barca come poteva pure essere qualche focena, qualche grosso lamantino o qualche balenottera. Comunque fosse il Corsaro Nero, malgrado le sue ferite, era balzato in piedi senza l’aiuto di nessuno, aggrappandosi fortemente alla balaustrata del ponte di comando.

      «Ella passa laggiù!…» aveva gridato. «È la sua anima che erra ancora sul mare od è ancora viva?… Honorata!… Perdono!…»

      «Cavaliere!» aveva esclamato Morgan. «Siete in preda ad una allucinazione!…

      «No, io la vedo!…» gridò il Corsaro Nero in esaltazione. «Guardatela tutti, uomini di mare!… Ella ci guarda e ci tende le braccia!… Là, là!… Il vento solleva i suoi capelli!… Le onde montano attorno alla sua scialuppa!… Ella mi chiama!… Non udite la sua voce?… Presto una lancia in mare prima che ella scompaia ancora!…»

      Poi esausto di forze si lasciò cadere fra le braccia di Morgan, mentre i marinai mormoravano, con voce tremante:

      «La visione!…»

      «Mio signore!» aveva gridato Yara, curvandosi verso il cavaliere che non dava quasi più segno di vita.»

      «È svenuto,» disse Morgan. «Ha voluto abusare troppo delle sue forze. Non sarà nulla.»

      «Ma quell’apparizione?» chiese Yara.

      «Follie,» disse Morgan a voce bassa. «Portiamolo nella cabina.»

      Ad un suo cenno Carmaux e Moko salirono sul ponte di comando, presero delicatamente il Corsaro, sempre svenuto, e lo trasportarono nel quadro. Yara ed il medico di bordo li avevano seguiti.

      «In acqua i cadaveri!» gridò poi Morgan.

      Le salme dei quattro marinai uccisi dalla bordata furono issati sulla murata di babordo, poi lasciati cadere negli abissi del grande golfo. Morgan si era curvato sul ponte di comando. Vide le quattro amache piombare in acqua sollevando un gran sprazzo scintillante, poi scomparire, con delle leggere ondulazioni sotto le onde luminose.

      «Dormite in pace, nel gran cimitero umido, a fianco del Corsaro Rosso e del Verde, e dite loro che noi presto li vendicheremo entrambi,» disse. «Ed ora, andiamo a Vera-Cruz e che Dio ci guidi!…

      CAPITOLO IX. L’ODIO DI YARA

      Quando l’alba sorse ed ebbe la certezza che nessuna nave spagnuola incrociava al largo delle coste del Nicaragua, Morgan lasciò il ponte di comando per scendere nella cabina del capitano.

      Non dubitava che il Corsaro non sarebbe rimasto a lungo in quello stato, sapendo per prova l’eccezionale fortezza d’animo di quell’uomo, nondimeno aveva provato dapprima dei seri timori per le ferite che aveva ricevute. Quando entrò nella graziosa cabina, il Corsaro riposava tranquillo, sotto la guardia della giovane indiana e di Carmaux. La respirazione del ferito era calma e regolare, però di quando in quando un trasalimento nervoso scuoteva quel corpo e dalle labbra socchiuse, sfuggiva ad intervalli, un nome:

      «Honorata!…»

      «Sogna,» disse Carmaux, volgendosi verso Morgan che s’era appressato al letto senza far rumore.

      «Sì, crede di veder passare ancora la scialuppa,» disse il luogotenente. «Certamente questa notte delirava.»

      «Non avete creduto all’apparizione, signor luogotenente?» chiese Carmaux.

      «E tu?» domandò Morgan, con una punta d’ironia.

      «A me parve pure d’aver veduta una scialuppa vagare fra i flutti fiammeggianti.»

      «Follie, illusioni prodotte da un terrore superstizioso.»

      «Eppure signore, io giurerei d’aver veduta perfino una forma umana entro quella scialuppa,» disse Carmaux, con incrollabile convinzione.

      «Tu ed i tuoi camerati avete scambiato qualche cetaceo per una scialuppa.»

      «Ed il capitano?»

      «Tu sai che dopo quella notte terribile crede di veder sovente la fanciulla fiamminga errare sulle acque del gran golfo. Suvvia, lasciamo i morti ed occupiamoci dei vivi.»

      «Anche voi credete che sia morta, signore?»

      «Chi ne ha più udito parlare in questi quattro anni?»

      «Eppure pare che la fanciulla non sia morta, perchè io ho udito narrare delle cose strane.»

      Si curvò poi sul letto e aprì la camicia trinata, di finissima battista, che il Corsaro indossava. Sotto vide due fasciature ancora macchiate di sangue vivissimo.

      «Si sono riaperte le ferite?» chiese.

      «Sì, luogotenente,» rispose Carmaux.

      «Bisogna che siano completamente rimarginate prima del nostro arrivo a Vera-Cruz.»

      «Fra dieci giorni il capitano sarà in piedi, così ha detto il medico.»

      «Sarei lietissimo se Wan Horn, Laurent e Grammont lo rivedessero guarito prima dell’incontro.»

      «Dove andremo ad attendere la squadra della Tortue, se è lecito saperlo?» chiese Carmaux.

      «Nella Baia dell’Assunzione,» rispose Morgan.

      In quel momento il Corsaro aprì gli occhi, chiedendo con voce un po’ fioca:

      «Chi parla della Baia dell’Assunzione?»

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