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degli alberi di Sequoia. In tutta la sua altezza, l'orso madre superava i due metri e guardava Lucia.

      Con un movimento rapido, Lucia si alzò dalla sua posizione rannicchiata e affrontò il colosso. Era piccola per la sua razza, poco meno di un metro e ottanta, mentre alcune delle sue sorelle superavano i due metri.

      La madre orso si mise tra Lucia e il suo cucciolo. Il terreno tremò quando l’animale piantò il suo peso e fece balenare i suoi occhi su Lucia.

      Lucia ricambiò l’occhiata.

      La madre orso abbassò la sua massa massiccia e mugolò. Fece un passo indietro in ritirata, tenendo il suo cucciolo vicino al corpo. Il grizzly sbirciò Lucia attraverso le ciglia abbassate, mentre radunava il suo cucciolo nella sicurezza degli alberi e lontano dal pericolo che quello aveva pensato fosse un nuovo compagno di giochi.

      Quando furono fuori dalla visuale, Lucia sospirò e continuò per la sua strada. L'idea che un eroe salvasse qualcuno come lei era pittoresca. Un mito maschile. Una favola.

      Riprese il passo lungo la montagna e raggiunse la città di Tahoe Lake proprio mentre la Luna raggiungeva il suo apice nel cielo. Incapace di ignorare l'energia della sfera, si fermò e alzò la testa in segno di riverenza al suo Creatore. Intorno a lei, vide altri abitanti della Luna fare lo stesso, fermarsi per ricevere la piena benedizione della Dea.

      Sul bordo del lago, la giornata di lavoro era in pieno svolgimento. Lucia osservava un'alta fata che tirava fuori verdure verdi dalla terra ombreggiata. Le fate femmine erano snelle, con corpi agili e capelli lisci e fluenti. I maschi elfi avevano toraci larghi, fianchi snelli e dita lunghe. Avevano occhi color argento brillante mentre facevano il loro lavoro, dissodando la terra e invogliando le piante a crescere sotto la pallida luce della Luna.

      Lucia buttò uno sguardo all’orologio della torre cittadina. Si era trastullata molto più di quel che credeva. Slacciò il mantello, liberando le gambe e permettendole di aumentare il ritmo.

      Lungo la strada, una giovane fata corse tra le gambe di un alto elfo che doveva essere suo padre. Il padre si piegò in avanti, prendendo al volo la ragazzina tra le sue forti braccia, facendola volteggiare in aria. La fatina rise ancora di più quando lui con un sorriso la afferrò e le diede un bacio leggero sulla guancia. La risata della bambina rallentò il ritmo di Lucia.

      I ricordi invasero la sua mente. Braccia forti. Un volto incorniciato da capelli scuri e selvaggi ed occhi marroni che irradiavano amore. Una risata profonda, ringhiante ed i baci più dolci sulle sue guance.

      Il calore sbocciò nel suo giovane cuore e rievocò il senso di protezione racchiusa in quelle braccia forti.

      L’aria intorno a lei cambiò riportandola al presente. Lucia alzò gli occhi verso quelli celesti della piccola fata mentre puntava il suo dito snello verso Lucia. Fece un ghignocon le sue guance spigolose, quasi come se avesse visto i suoi pensieri. Quel ghigno era accogliente; i suoi occhi luminosi ed aperti.

      Sopra di lei, il volto di suo padre mostrava allarme. La testa abbassata e gli occhi guardavano terra. La mano velocemente coprì gli occhi di sua figlia. Aumentò il passo allontanandosi molto da Lucia.

      Lei spostò lo sguardo verso il basso. L’erba verde assumeva nei suoi occhi una sfumatura argentea sovrannaturale. Il barlume dei ricordi aveva suscitato emozioni in lei. Attese finché le sensazioni ed il potere che quelle evocavano passò. In breve tempo, il prato tornò ad essere verde, e lei voltò i suoi occhi color nocciola verso la sua destinazione.

      Teneva la testa bassa mentre andava verso la meta: la stazione dei treni. Quando salì sul binario, l’eccitazione scorreva nelle sue vene. Aveva osservato il treno dalle montagne per anni, sognando i posti che avrebbe visitato una volta maggiorenne dopo aver lasciato le Sorelle. Aveva compiuto ventun anni al tramonto del giorno prima.

      “E’ una strega?”

      “Non può esserlo. È bella. Hai visto il suo seno?”

      Ora slacciato, lo scuro mantello di Lucia, sventolava dietro di lei sotto il vento leggero. Le streghe non indossavano indumenti stretti e costrittivi, come i corsetti. I seni raccontano il tempo, amava dire la Grande Sacerdotessa. Durante la giovinezza puntano in alto come le possibilità. Puntano verso l'esterno con la franchezza della maturità. E infine, indicano la terra al crepuscolo della vita di una donna. I seni di Lucia puntavano direttamente ai due maschi umani, dando loro quasi un'occhiata.

      Per tutta la vita le era stato detto che la bellezza fosse sopravvalutata. Aveva imparato che la forza e la devozione erano le caratteristiche più importanti. Anche se sapeva che le parole di quegli uomini erano volgari e offensive per la sua sensibilità femminile, non poteva fare a meno di provare un pizzico di soddisfazione per il fatto che i primi maschi umani che aveva incontrato trovassero la sua forma piacevole.

      "Le streghe della congrega non sono pallide con le verruche? Per questo hanno bisogno di incantare gli uomini per convincerli ad andare a letto con loro."

      "Il mio vicino ha detto che era stato incantato da una strega sulla sua Rumwicca. Ha detto che lei lo ha ormai rovinato per le altre donne".

      "Con un culo così, quella strega potrebbe rovinarmi in qualsiasi momento."

      Le spalle di Lucia si irrigidirono al loro linguaggio indecente. Si tirò il mantello intorno al corpo e lo legò stretto.

      Vivendo sulla cima di una montagna in una comunità di sole donne, non aveva mai sentito il bisogno di coprirsi. Quel giorno indossava la sua guaina verde e il suo mantello marrone scuro, una dichiarazione di moda audace che la faceva sembrare un pezzo di terra bagnata. Ma forse era il massimo della moda, visto il modo in cui i maschi umani la stavano fissando.

      Sapeva di non avere l'aspetto di una strega normale. Le streghe erano alte, con corpi muscolosi costruiti per il duro lavoro e la vita selvaggia. Lucia era qualche centimetro più bassa della strega media. Aveva più curve che muscoli. I suoi grandi seni erano sempre d'intralcio quando correva, ma il suo posteriore arrotondato fungeva da cuscino quando doveva stare seduta per ore a lavorare nei campi.

      Dai bordi della valle dei Fae scrutava la montagna. Poteva venderne la nebbia nella pallida luce della luna. Sapeva che le streghe si stavano alzando per iniziare la giornata di lavoro per occuparsi della festa. Si sarebbero svegliate e avrebbero controllato i raccolti di ortaggi di melanzane, peperoni, patate e pomodori dopo la notte. Le bacche erano mature in quel periodo dell'anno. Le novizie Aislin e Raven si stavano probabilmente dipingendo i polpastrelli di rosso con i succhi mentre li schiacciavano nelle brocche. La Sorellanza avrebbe cantato nei campi in quel momento, avendo finito le loro preghiere serali e le devozioni alla Luna nascente.

      Durante quella vigilia, il compito di Lucia sarebbe stato il bucato. Era quello che preferiva di meno, lavare i mantelli e i foderi di tutti i membri della comunità. La maggior parte dei lavori si alternavano per equità, persino la Gran Sacerdotessa si sporcava le mani lavando gli indumenti intimi di tutta la congrega. Le streghe vivevano semplicemente secondo il volere della natura. Dividevano i loro compiti e condividevano ogni giorno il frutto di quel duro lavoro.

      La bocca di Lucia era riarsa per il succo di bacche che sarebbe stato messo sul tavolo da pranzo comune di lì a poco. Il suo stomaco brontolava per lo stufato di melanzane. Non aveva mangiato dal banchetto della mattina precedente. Non aveva preso nulla dalla congrega durante il suo viaggio solitario giù per la montagna, come era abitudine di una strega che si imbarca in una Rumwicca. Ma Lucia non aveva intenzione di sedurre un maschio umano per avere un figlio. L'uomo da cui voleva tornare era un lupo.

      "Stai cercando un po' di compagnia, ragazzina?"

      Lucia si accigliò alla domanda. Il maschio umano non poteva avere più di qualche mese più di lei. Il ragazzo le arrivava a malapena al mento. I segni rossi coprivano il suo viso pallido, il che le ricordava di nuovo le bacche dolci che avrebbe potuto bere in quel momento se fosse tornata in cima alla montagna.

      Il suo amico era ancora più basso, con la pelle di qualche tonalità più marrone di quella di Lucia. Si mordicchiava il labbro inferiore, facendole chiedere se fosse stato un succhiatore di pollici da bambino. Un comportamento così infantile non era tollerato

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