ТОП просматриваемых книг сайта:
Assassino Zero. Джек Марс
Читать онлайн.Название Assassino Zero
Год выпуска 0
isbn 9781094305769
Автор произведения Джек Марс
Жанр Шпионские детективы
Серия Ein Agent Null Spionage-Thriller
Издательство Lukeman Literary Management Ltd
“Ti scrivo”, promise Zero mentre lei lasciava il magazzino, con i tacchi che risuonavano sul pavimento di cemento.
Alan si tolse il giubbotto con un lungo grugnito, quindi rimise il cappello da furgoneista macchiato di sudore sui capelli arruffati prima di chiedere con noncuranza: “È un piano?”
“Un piano?” Zero rise, incredulo. “Per cosa, per far tornare Maria? Sai che non ci penso”.
“No. Intendo un piano per avere Maria come cuscinetto tra te e loro”. Dopo aver trascorso gli ultimi quattro anni della sua vita sotto mentite spoglie, Alan aveva sviluppato un brutale candore che talvolta rasentava l'offesa.
“Certo che no”, disse Zero con fermezza. “Sai che non voglio altro che le cose ritornino come prima. Maria è un'amica. Non un cuscinetto”.
“Sicuro”, disse Alan, anche se sembrava dubbioso. “Forse 'cuscinetto' non era il termine giusto. Forse più un…” Abbassò lo sguardo sul giubbotto antiproiettile che giaceva sul carrello d'acciaio davanti a loro e lo indicò. “Beh, non riesco a pensare a una metafora più adatta”.
“Ti sbagli”, insistette Zero, cercando di mantenere la calma. Non era arrabbiato per il candore di Alan, ma era irritato dalla sua ipotesi. “Maria non merita di essere sola al Ringraziamento, e il rapporto con le ragazze migliora giorno dopo giorno. Va tutto alla grande”.
Alan alzò entrambe le mani in segno di resa. “Va bene, ti credo. Sto solo cercando di capirti, tutto qui”.
“Si. Lo so”. Zero guardò l'orologio. “Devo scappare. Maya arriva oggi. Andiamo in palestra venerdì?”
“Certo. Dì alle ragazze che le saluto”.
“Ma certo. Goditi il tuo pollo e i tuoi motori”. Zero lo salutò e si diresse verso la porta, ma ora la sua testa era piena di dubbi. Alan aveva ragione? Aveva invitato Maria perché aveva paura di stare da solo con le ragazze? E se ritrovarsi tutti insieme avesse ricordato loro perché se ne erano andate? O peggio, se avessero pensato la stessa cosa di Alan, che Maria era lì come una sorta di barriera protettiva tra lui e loro? E se avessero pensato che non stesse provando con tutte le sue forze a riconquistare la loro fiducia?
Va tutto alla grande.
Rendersene conto non lo tranquillizzava, ma la sua capacità di mentire in modo convincente era più acuta che mai.
CAPITOLO DUE
Maya salì le scale fino a raggiungere l'appartamento al secondo piano in cui suo padre viveva in affitto. Si trovava in un edificio di recente costruzione fuori dal centro di Bethesda, in un quartiere residenziale costituito esclusivamente da appartamenti, villette a schiera e centri commerciali. Il tipo di posto in cui mai si sarebbe aspettata che suo padre avrebbe vissuto, ma immaginò che avesse avuto fretta di trovare qualcosa di disponibile quando aveva interrotto la relazione con Maria.
Probabilmente aveva voluto trasferirsi prima di cambiare idea, pensò.
Per un attimo rimpianse la loro casa ad Alessandria, la casa che lei, Sara e suo padre avevano condiviso prima che si scatenasse l'inferno nella loro famiglia. Rimpianse i tempi in cui credevano fosse un professore associato di storia, prima di scoprire che in realtà era un agente della CIA. Prima che venissero rapite da un assassino psicopatico che le aveva vendute a dei trafficanti di esseri umani. Rimpianse i tempi in cui credevano che la madre fosse morta per un infarto improvviso mentre raggiungeva la sua auto dopo un giorno di lavoro, prima di scoprire che era stata assassinata per mano di un uomo che aveva salvato loro la vita in più di un'occasione.
Maya scosse la testa e si scostò la frangia dalla fronte come se stesse cercando di allontanare i pensieri. Era tempo di ricominciare da capo. O almeno di provarci per davvero.
Trovò la porta dell'appartamento di suo padre, ma si rese conto che non aveva una chiave e che probabilmente avrebbe dovuto chiamare prima per assicurarsi che fosse a casa. Ciò nonostante bussò, il catenaccio si fece da parte e la porta si aprì, e Maya si ritrovò a fissare sbalordita per diversi secondi quella che per poco non le sembrò un'estranea.
Non vedeva Sara da più di quanto desiderasse ammettere, ed era evidente dal viso di sua sorella. Sara stava rapidamente diventando una giovane donna, i suoi lineamenti si stavano definendo, o meglio, si stavano avvicinando sempre di più ai lineamenti di Katherine Lawson, loro madre.
Sarà più difficile di quanto pensassi. Mentre Maya assomigliava molto di più a loro padre, Sara da sempre ricordava la mamma in tutto, non solo nell'aspetto, ma anche nella personalità e negli interessi. La carnagione di sua sorella era più pallida di quanto Maya ricordasse, forse per effetto della disintossicazione, pensò. I suoi occhi sembravano in qualche modo più opachi e aveva evidenti occhiaie scure che Sara aveva tentato di nascondere con il trucco. Si era tinta i capelli di rosso, almeno due mesi prima, e dalla ricrescita iniziava a far capolino il suo biondo naturale. Li aveva anche tagliati di recente all'altezza del mento, e quel taglio le incorniciava il viso in modo grazioso ma la faceva sembrare più grande di un paio d'anni. In effetti, lei e Maya sembravano avere la stessa età ora.
“Ehi”, disse Sara semplicemente.
“Ciao”. Maya si riprese dalla sorpresa nel vedere sua sorella così diversa e sorrise. Lasciò cadere il borsone verde e fece un passo in avanti per abbracciarla; Sara la abbracciò a sua volta con gratitudine, quasi come se stesse aspettando di vedere come sarebbe stata accolta da sua sorella. “Mi sei mancata. Volevo tornare a casa subito quando papà mi ha raccontato quello che è successo…”
“Sono contenta che tu non l'abbia fatto”, disse candidamente Sara. “Mi sarei sentita orribile se avessi lasciato la scuola per me. Inoltre, non volevo che mi vedessi… così”.
Sara scivolò fuori dalle braccia di sua sorella e afferrò il borsone prima che Maya potesse protestare. “Entra”, le disse con un cenno. “Benvenuta a casa”.
Benvenuta a casa. Maya la seguì nell’appartamento. Era un posto abbastanza carino, moderno, con molta luce naturale ma piuttosto austero. Se non fosse stato per alcuni piatti nel lavandino e il ronzio della televisione nel soggiorno a basso volume, Maya non avrebbe creduto che qualcuno vivesse in quella casa. Non c'erano quadri alle pareti, nessun tipo di decorazione che desse personalità alla casa.
Sembrava una tela bianca. Tra sé e sé, riconobbe che quello era lo scenario più appropriato per la loro situazione.
“È tutto qui”, disse Sara, come se stesse leggendo la mente di Maya. “Almeno per ora. Ci sono solo due camere da letto, quindi dovremo condividere la stanza…”
“Posso dormire sul divano”, propose Maya.
Sara sorrise appena. “Mi fa piacere condividere la stanza. Un po' come quando eravamo piccole. Sarebbe… bello. Averti vicina”. Si schiarì la voce. Nonostante la frequenza con cui avevano parlato al telefono, era dolorosamente evidente quanto fosse strano ritrovarsi nella stessa camera.
“Dov'è papà?” Chiese Maya all'improvviso, cercando di allentare la tensione.
“Dovrebbe tornare a casa a momenti. Ha dovuto fermarsi dopo il lavoro a prendere alcune cose per domani”.
Dopo il lavoro. Sara lo disse con una tale noncuranza che sembrava che stesse tornando da un ufficio e non dal quartier generale della CIA a Langley.
Sara si appollaiò su uno sgabello vicino al bancone che separava la cucina dalla piccola sala da pranzo. “Come va la scuola?”
Maya si appoggiò al tavolo con entrambi i gomiti. “La scuola è…” Esitò. Sebbene avesse solo diciotto anni, era al suo secondo anno a West Point a New York. Aveva sostenuto in anticipo l'esame per il diploma di liceo ed era stata accettata dall'accademia militare grazie a una lettera di raccomandazione dell'ex presidente Eli Pierson, il cui tentativo di assassinio era stato contrastato proprio dall'agente Zero. Ora era la migliore della sua classe, forse tra i migliori dell'intera accademia. Ma un recente litigio con il suo ex fidanzato Greg Calloway