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emise una risata musicale ed aggiunse: “Se solo i ragazzi dell’accademia potessero vedermi ora. Lì parlano tutto il tempo di lei, lo sa. Abbiamo studiato molto i suoi casi. Spero che non le dispiaccia se lo dico, ma … Agente Paige, lei è così brillante! Anche questo sanno tutti.”

      Riley sapeva che avrebbe dovuto sentirsi lusingata. Invece, si sentì vagamente a disagio.

      Lei disse a Ann Marie: “Allora, come vanno le cose all’accademia?”

      “Beh, sono piuttosto emozionanti, per una ragazza come me. Ma noiose per lei, ne sono sicura.”

      Ann Marie poi iniziò a parlare sulle sue lezioni all’accademia, non tanto del suo curriculum o dei suoi studi, bensì di storie e pettegolezzi che riguardavano i compagni cadetti, inclusi aneddoti sulla propria vita sentimentale durante quel periodo.

      Aveva ragione su una cosa, Riley pensò, soffocando un sospiro. Per me è noioso.

      Riley trovò strano sentire la vita all’Accademia dell’FBI descritta soprattutto sulla base di relazioni sociali. Ann Marie si era ovviamente divertita lì e aveva stretto molte amicizia. L’esperienza di Riley, pur risalente a molti anni prima, non era stata neppure lontanamente così  …

      Beh, socializzante.

      Come Ann Marie, Riley era stata ammessa al programma dell’FBI, e poi all’accademia, in parte grazie alla calda raccomandazione di un rispettato agente. Il che significava che ognuna di loro aveva già dimostrato insolite doti, ma significava anche che erano state scelte al posto di altri candidati qualificati. Inoltre, Riley era stata costretto a interrompere sia il programma sia l’accademia per aiutare il suo mentore con casi importanti. Quando aveva ripreso le lezioni, si era sentita isolata e persino non gradita. Aveva avuto soltanto una grande amica durante il periodo accademico: la sua compagna di stanza, Frankie Dow.

      Perciò, a Riley sembrava strano che l’esperienza vissuta lì da quella ragazza fosse stata alquanto diversa dalla sua.

      Immagino che le persone la trovino piacevole.

      Riley non provava esattamente lo stesso nei confronti della nuova partner, sebbene dovesse ammettere che probabilmente non fosse affatto colpa di Ann Marie. Non era solo la personalità eccessivamente allegra della ragazza che la infastidiva. La verità era che Riley si sentiva prevaricata dall’ordine di Meredith. Non poteva fare a meno di pensare che avere un partner diverso da Bill non sarebbe mai stata la scelta giusta. Le loro giovani partner più recenti non avevano raggiunto le grandiose carriere nell’FBI a cui erano sembrate destinate.

      Riley aveva finito davvero con l’affezionarsi a Lucy Vargas, e la cosa era finita male. La sua morte aveva portato Bill sull’orlo del suicidio.

      Jenn Roston era stata una persona più difficile a cui abituarsi, ma Riley e Jenn erano riuscite a fidarsi l’una dell’altra, confidandosi dei segreti piuttosto oscuri.

      Riley capì di non essersi ancora abituata al fatto che Jenn se ne fosse andata.

      Sapeva che, di lì a poco, voltandosi, si sarebbe aspettata di vedere Jenn invece di Ann Marie, i forti tratti afro-americani di Jenn al posto della perfetta carnagione pallida di quella ragazza, la sicura e seria voce di Jenn invece di quella parlantina cinguettante.

      Riley soffocò un sospiro, mentre Ann Marie continuava con il suo spettegolare sull’accademia.

      Non sarà facile, pensò.

      Ricordò una frase pronunciata da Meredith.

      “Presumo che arriverete alla risoluzione di questo scherzo e tornerete qui domattina.”

      Riley certamente ci sperava.

      Ma oggi sarebbe meglio.

      Sperava anche che questa collaborazione si limitasse solo a quel caso.

*

      Mentre Riley percorreva il Woodrow Wilson Memorial Bridge sopra il Potomac, entrando in Maryland, fu come se quel breve viaggio stesse per diventare più lungo di quanto avrebbe dovuto in realtà essere. Ann Marie aveva smesso di ciarlare, ma aveva acceso la radio, scegliendo una stazione che proponeva musica pop, un po’ troppo allegra per i gusti di Riley. In realtà, era felice che il GPS interrompesse occasionalmente il suono con indicazioni sulla loro strada.

      Nel frattempo, la mente di Riley continuava a vagare, tornando all’incontro con Meredith. Fece una smorfia, ricordando le occhiatacce che il capo aveva lanciato a lei e Bill.

      “C’è qualcosa che voi due non mi state dicendo?” aveva chiesto.

      Naturalmente, Meredith aveva motivo per sospettare. Dopotutto, la sua convocazione aveva interrotto il suo primo vero appuntamento con Bill, uno sviluppo su cui Meredith aveva ogni diritto di essere curioso.

      E poi gli abbiamo mentito.

      Entrambi.

      Rabbrividì a pensare alle probabili conseguenze di tale bugia. Cosa ancora peggiore, si sentiva in colpa nei confronti di Meredith, che era stato per anni un superiore intelligente, giusto e rispettoso.

      Avremmo dovuto dirgli la verità, Riley pensò.

      Ma quale era la verità con esattezza?

      Questo era il vero problema. Non sapeva che cosa avrebbe potuto riferire a Meredith. Non avevano avuto il tempo di comprenderlo neanche loro.

      Riley e Bill ancora non erano consapevoli di quale direzione avrebbe preso il loro rapporto. Con una risposta chiara nella loro mente, forse si sarebbero seduti con Meredith e ne avrebbero parlato apertamente. Sperava che il capo si rivelasse comprensivo, e forse persino felice per loro.

      Dopo circa un’ora di strada, entrarono in Winneway, una cittadina ricca e storicamente rilevante. Riley trovava contraddittorio vedere che alcune delle grandi e belle case risalenti all’epoca coloniale fossero fiancheggiate da piscine. Inoltre, era sempre a disagio in contesti facoltosi. Le persone che aveva incontrato in ambienti simili tendevano a trattare gli agenti dell’FBI come servi più che come i professionisti che dovevano essere.

      Infine, il GPS le informò che erano giunte a Ironwood Park, una vasta distesa di prati ben curati, inframmezzati da zone boscose. Colorate foglie autunnali rendevano la scena particolarmente gradevole.

      Riley imboccò una strada tortuosa, che portava all’interno del parco. Presto, si trovarono dinnanzi ad un gruppo di veicoli parcheggiati: un paio di auto della polizia, un’auto dello sceriffo della contea e un furgone del coroner.

      “Il posto dev’essere questo!” Ann Marie cinguettò allegramente.

      Riley sussultò al tono gioioso della giovane partner. Per un attimo penso di avvertire la ragazza, ricordandole che stavano per accedere ad una situazione seria, una scena del crimine con il corpo di una vittima d’omicidio ancora presente.

      Ma Riley preferì restare in silenzio.

      Lasciamo che sia una sorpresa, pensò, soffocando un sorriso sarcastico.

      Sapeva che Ann Marie aveva visto dei cadaveri durante il proprio addestramento all’accademia, ma solo in contesti clinici, scientifici. Vedere un cadavere sulla scena di un crimine era un’esperienza del tutto diversa, a cui – Riley ne era piuttosto sicura – quell’apparente farfalla sociale non fosse pronta. Se la recluta non fosse stata in grado di gestirla, Riley sarebbe stata assolutamente felice di rispedirla immediatamente a Quantico.

      Uscirono dall’auto e si diressero verso il tratto boscoso, delimitato da barriere e nastro della polizia. Riley fu contenta di vedere che una tenda era stata eretta in mezzo agli alberi, ovviamente per proteggere la scena del crimine. Un paio di poliziotti stavano di guardia proprio all’esterno della tenda.

      Qui la polizia sa che cosa fare, pensò.

      Riley ed Ann Marie esibirono i rispettivi distintivi, identificandosi con le sentinelle, poi passarono sotto il nastro ed entrarono nella tenda. L’interno era illuminato da un paio di lampade posate al suolo; vi si trovavano diversi uomini, un grosso buco con un cumulo di terreno ad un lato, e un cadavere coperto steso a terra.

      Riley

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