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Mackenzie si stupì molto. Quando i pesci nel secchio furono tre, fu altrettanto stupita di scoprirsi attratta da quel lato di lui. Si domandò quali altre attività all’aperto in cui Ellington se la cavava le avesse nascosto.

      Tornarono al campeggio, con la Jeep impregnata dell’odore dei tre pesci che sarebbero diventati la loro colazione. Una volta a destinazione, Mackenzie constatò che la sua bravura si fermava a tirare fuori i pesci dall’acqua. Quando si trattava di pulirli era un po’ impacciato. Anche se alla fine riuscirono a gustarsi quel pesce delizioso, era ridotto quasi a brandelli.

      Fecero il programma per la giornata, che includeva andare a cavallo, visitare le cascate e raggiungere un piccolo albergo appena fuori Reykjavíc per farsi una doccia e consumare un pasto decente, prima di tornare nella magnifica campagna dove erano accampati per la notte.

      Le pareva tutto un sogno, ma al tempo stesso un modo molto intenso di iniziare la loro vita insieme. C’erano momenti, quando lo teneva stretto a sé o lo baciava sotto quel paesaggio incredibile, che sapeva avrebbe ricordato per tutta la vita, magari fino al suo ultimo respiro. Non si era mai sentita così felice in vita sua.

      Tornarono al campeggio, dove riattizzarono il falò. Puliti e con lo stomaco pieno, si ritirarono nella tenda e passarono una lunghissima notte.

      ***

      Quando mancavano soltanto due giorni alla fine della luna di miele, fecero una visita guidata privata dei ghiacciai nel Cerchio d’Oro. Fu l’unica giornata in cui Mackenzie soffrì di nausee mattutine, così dovette rinunciare a scalare il ghiacciaio. Tuttavia, restò ad osservare Ellington affrontare l’impresa. Le piaceva vederlo carico come un bambino, impaziente di dimostrare di potercela fare. Era un aspetto di lui che aveva intravisto altre volte, ma mai così bene come adesso. In quel momento realizzò che non avevano mai passato così tanto tempo insieme al di fuori del lavoro. Era una specie di piccolo paradiso e le fece capire di amarlo tantissimo.

      Mentre Ellington e la guida iniziavano la discesa, Mackenzie sentì il cellulare vibrarle in tasca. Da quando erano saliti sull’aereo, entrambi avevano tolto il volume della suoneria ai cellulari ma, visto il loro lavoro, non avevano potuto spegnerli completamente. Per tenersi occupata mentre aspettava che Ellington scendesse, prese il telefonino e controllò chi fosse.

      Quando vide sul display il nome di McGrath, il cuore le sprofondò. Negli ultimi giorni si era sentita al settimo cielo, ma vedendo quel nome ebbe l’impressione che tutto sarebbe presto finito.

      “Pronto, qui agente White” rispose, per poi pensare subito: Maledizione... ho perso la mia prima occasione di chiamarmi agente Ellington.

      “Sono McGrath. Allora, com’è l’Islanda?”

      “Bella” rispose. Poi, senza curarsi di mostrarsi vulnerabile con il capo, aggiunse. “Fantastica, davvero stupenda.”

      “Allora sono sicuro che mi odierete per questa telefonata.”

      Quando le rivelò il motivo della chiamata, Mackenzie pensò che aveva pienamente ragione. Una volta chiusa la comunicazione, era effettivamente arrabbiata con lui.

      Il suo presentimento si era rivelato corretto. Così, all’improvviso, la loro luna di miele era finita.

      CAPITOLO QUATTRO

      La transizione era stata piuttosto semplice. Tutto quello scapicollarsi per prendere il primo volo notturno per Washington aveva fatto gradualmente svanire la magia della luna di miele, riproiettandoli nella vita reale. Mackenzie, tuttavia, constatò soddisfatta di avvertire ancora un po’ di quella magia tra di loro, soprattutto quando realizzò che, anche se adesso erano tornati negli USA ed erano di nuovo al lavoro, erano ancora sposati. Certo, l’Islanda era stata magica, ma non era stato l’unico elemento a legarli in quei pochi giorni.

      Quello che invece non si sarebbe aspettata fu quanto distintamente avvertisse la fede nunziale che portava al dito mentre lei ed Ellington entravano nell’ufficio di McGrath, appena quattordici ore dopo che quest’ultimo aveva interrotto la loro luna di miele. Non era così ingenua da pensare di essere una persona completamente diversa, adesso; tuttavia, lo considerava un segnale del fatto che fosse cambiata, che fosse in grado di crescere. E se si poteva dire della sua vita privata, perché non anche della sua vita lavorativa?

      Magari sarà così dopo che avrai detto al tuo superiore che sei incinta di quindici settimane, si rammentò.

      Con quel pensiero in mente, realizzò anche che il caso per cui erano stati chiamati sarebbe probabilmente stato l’ultimo prima di dover rivelare della gravidanza – nonostante il pensiero di dare la caccia a un assassino con un bambino in grembo la facesse sorridere.

      “Vi ringrazio per essere arrivati tanto alla svelta” esordì McGrath. “E voglio inoltre congratularmi con voi per le nozze. Naturalmente, non mi piace l’idea di una coppia sposata che lavora insieme, ma voglio che questo caso sia risolto il prima possibile, perché in caso contrario potrebbe scatenare il panico in un campus universitario. E sappiamo che è innegabile che voi due lavorate bene insieme, perciò eccoci qui.”

      Ellington si voltò verso di lei sorridendo per quel commento. Mackenzie si sentiva quasi disarmata per l’intensità di quello che provava per lui. Era una bella cosa, ma la metteva anche leggermente a disagio.

      “L’ultima vittima è una studentessa del secondo anno alla Queen Nash University di Baltimora. Christine Lynch. È stata uccisa nella cucina di casa sua, a tarda sera. Non aveva indosso la maglietta, che è stata trovata sul pavimento. È palese che è stata strangolata. Da quanto ho appreso, non c’erano impronte digitali sul collo, il che indica che l’assassino portava dei guanti.”

      “Perciò si tratta di omicidio premeditato, non colposo” commentò Mackenzie.

      McGrath annuì e passò loro tre fotografie della scena del crimine. Christine Lynch era un’attraente ragazza bionda e nelle foto aveva il viso rivolto verso destra. Era truccata e, come aveva anticipato McGrath, era senza maglietta. Sulla spalla spiccava un piccolo tatuaggio, che Mackenzie identificò come un passero. L’uccellino sembrava guardare in alto, verso la zona dove iniziava il livido intorno al collo della ragazza, chiaramente visibile persino in foto.

      “La prima vittima” proseguì McGrath aprendo un’altra cartellina, “è una ventunenne di nome Jo Haley. Anche lei studentessa alla Queen Nash. È stata trovata nella sua stanza, a letto e completamente nuda. Il corpo era rimasto lì per almeno tre giorni, prima che la madre contattasse allarmata la polizia. Anche sul suo collo c’erano segni di strangolamento, seppur non feroci come quelli su Christine Lynch. La Scientifica ha trovato tracce di attività sessuale poco prima della morte, incluso un incarto vuoto di preservativo.”

      Passò loro le foto della scena del crimine, che ritraevano Jo Haley e le ecchimosi sul collo. Anche lei, come Christine Lynch, era piuttosto attraente. Inoltre, era molto magra e minuta.

      “Perciò l’unico elemento concreto che abbiamo è che due ragazze carine della Queen Nash sono state uccise durante o subito dopo un rapporto sessuale?” riassunse Mackenzie.

      “Esatto” confermò McGrath. “Data la presunta ora della morte di Jo Haley, calcolata dal medico legale, sono state uccise a meno di cinque giorni l’una dall’altra.”

      “Sappiamo i movimenti delle vittime la notte in cui sono state uccise?” chiese Mackenzie.

      “No, non abbiamo nulla di certo. Però sappiamo che Christine Lynch è stata vista nell’appartamento del suo ragazzo fino all’una di notte di mercoledì. Il suo cadavere è stato scoperto dal ragazzo il giorno dopo, quando è andato da lei al suo appartamento.”

      Ellington studiò l’ultima fotografia, poi le restituì a McGrath. “Signore, con tutto il rispetto, adesso che sono un uomo sposato non posso più andare su un campus universitario e avvicinare giovani ragazze.”

      McGrath alzò gli occhi al cielo e guardò Mackenzie. “Buona fortuna con lui” disse indicando Ellington con un cenno. “Scherzi a parte... Voglio il caso

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