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ne poteva più dei suoi genitori. Era davvero troppo. Ora, persino suo padre non la capiva. E lui era sempre stato, per tutta la vita, al suo fianco, in ogni occasione.

      “Scarlet, torna qui!” lui le gridò.

      “NO!” lei gli rispose urlando, tra le lacrime.

      Lei potè sentire i passi di suo padre, che la seguiva per le scale, mentre lei accellerava il passo. Scarlet si precipitò lungo il corridoio, verso la sua stanza, e sbatté la porta dietro di lei.

      Un istante dopo, l'uomo batté i pugni contro la porta.

      “Scarlet. Apri la porta. Mi dispiace. Voglio parlare. Ti prego. Mi dispiace.”

      Ma Scarlet spense le luci e saltò sul letto, e vi si raggomitolò piangendo.

      “Vattene via!” la ragazza urlò.

      Finalmente, dopo quella che era sembrata un'eternità, sentì i passi allontanarsi.

      Era troppo presto per dormire e Scarlet si sentiva troppo intorpidita per fare altro.

      Rimase a lungo immobile, poi si tirò su e prese il telefono. Le sue notifiche sembravano schizzare alle stelle — la sua pagina su Facebook pullulava di nuovi post e messaggi. Questo la fece solo sentire peggio e chiuse la pagina.

      Per molto tempo giacque lì, stesa su un fianco, guardando gli alberi e tutti i differenti colori, che splendevano all'ultima luce del giorno, attraverso la finestra. Osservò diverse foglie staccarsi dagli alberi davanti ai suoi occhi e cadere al suolo.

      Si sentì sopraffatta dalla tristezza. Blake non voleva stare con lei; Vivian aveva fatto schierare l'intera scuola contro di lei; le sue stesse amiche non la capivano; non sapeva che cosa stava accadendo al suo corpo. E, soprattutto, aveva gettato via la sua possibilità di parlare con Sage. Tutto stava andando male. E non riusciva a smettere di ripensare al momento trascorso con Blake, vicino al fiume, e a tutto quanto le stava accadendo. Chi era lei veramente?

      Allungò ujna mano, prese il suo diario e la sua penna preferita e cominciò a scrivere.

      Non comprendo più la mia vita. E' surreale. Ho appena incontrato il ragazzo più incredibile di sempre. Sage. Non voglio ammetterlo, perché piace a Maria, ma non riesco a smettere di pensare a lui. E' come se, in qualche modo, lo conoscessi da sempre. Abbiamo parlato a malapena, sebbene io senta una tale connessione con lui. Maggiore di quella che ho con Blake.

      Ma se n'è andato così velocemente, e l'ho rifiutato stupidamente. Vorrei non averlo fatto. Ci sono così tante domande che muoio dalla voglia di porgli. Come su chi sia. Che cosa ci faccia qui. E perché si trovasse di fronte a casa mia. Ha detto che era solo di passaggio, ma in qualche modo, non gli credo. Penso che mi stesse cercando.

      Non so più chi sono i miei genitori. Ogni giorno, tutto cambia. Non so nemmeno chi sono io. E' come se tutto il mondo, che una volta conoscevo, il mondo che mi era così familiare e sicuro sia svanito, sostituito da un altro mondo. E sento che, domani, tutto cambierà ancora.

      Temo il domani. Tutti mi odieranno? Blake mi ignorerà? Vedrò Sage?

      Non posso nemmeno immaginare che cosa mi porterà il prossimo giorno.

      *

      Scarlet aprì gli occhi, svegliata da un campanello. Guardò fuori, e rimase stupita nel constatare che era già mattina presto e che la luce del sole inondava la stanza. Si rese conto di essersi addormentata ancora vestita, sopra le coperte. Afferrò la sveglia e lesse l'ora: 8:30. Il cuore le si colmò di panico. Era in ritardo per la scuola.

      Il campanello suonò di nuovo, e Scarlet saltò in piedi. Data l'ora, credeva che i genitori fossero già andati a lavoro, così spettava a lei aprire la porta. Chi poteva suonare a quell'ora del mattino?

      Fu tentata di ignorarlo, limitandosi a prepararsi per la scuola, ma quello suonò di nuovo.

      Ruth abbaiò e abbaiò, e, infine, Scarlet la lasciò uscire dalla stanza e la seguì lungo le scale, fino al soggiorno e poi alla porta.

      Ruth si posizionò di fronte ad essa, abbaiando fortissimo.

      “Ruth!”

      Finalmente, Ruth si acquietò, mentre Scarlet si recò alla porta. La aprì lentamente.

      Il cuore le si fermò.

      Lì, a guardarla, c'era Sage. Teneva una rosa nera dal lungo stelo, con entrambe le mani.

      “Mi dispiace di essere piombato qui così,” lui disse. “Ma sapevo che ti avrei trovata a casa.”

      “Come?” lei chiese, totalmente confusa.

      Lui si limitò a guardarla.

      “Posso entrare?” il ragazzo le chiese.

      “Um …” Scarlet esordì.

      Una parte di lei desiderava disperatamente farlo entrare, ma un'altra la infastidiva alquanto. Che cosa ci faceva lì? Perché le aveva portato una rosa nera?

      Ma poi ancora, non riuscì a mandarlo via.

      “Certo,” lei esclamò. “Entra pure.”

      Sul volto di Sage comparve un sorriso radioso, mentre faceva un grande passo verso l'ingresso.

      In quello stesso istante, con grande stupore di Scarlet, improvvisamente lui affondò nel pavimento. Sprofondò sempre di più, come se fosse inghiottito da sabbie mobili, e sollevò una mano, gridando.

      “Scarlet!” urlò. “Aiutami!”

      Scarlet si allungò e gli afferrò la mano, provando a tirarlo fuori. Ma, improvvisamente, anche lei fu inghiottita dal buco, sprofondando con il volto all'ingiù. Urlò con tutte le forze, mentre finì per volare a piena velocità, dirigendosi verso le viscere della terra.

      Scarlet si svegliò gridando. Si guardò intorno, nella stanza, con il cuore in gola. I primi raggi del sole mattutino filtravano attraverso la finestra. Guardò l'orologio. Erano le 6:15.

      Si era addormentata ancora vestita. Respirò affannosamente e realizzò che si era trattato soltanto di un sogno.

      Il cuore le batteva fortissimo. Era sembrato così reale.

      La ragazza si alzò, andò in bagno e si spruzzò un po' d'acqua fresca sul viso per diverse volte, provando a svegliarsi. Mentre si specchiava, i suoi timori si materializzarono: il suo riflesso. Era diverso. Lei era lì, ma il suo riflesso era traslucido, come se lei fosse un fantasma. Come se stesse svanendo. All'inizio, pensò che la luce si stesse prendendo gioco di lei. Ma accese la luce artificiale, e il riflesso restò sempre uguale.

      Scarlet era così infastidita, che le veniva quasi voglia di piangere. Non sapeva che cosa fare. Aveva bisogno di aggrapparsi a qualcosa di concreto. Di qualcuno con cui parlare. Qualcuno che le dicesse che tutto sarebbe andato BENE. Che non stava diventando pazza. Che non stava cambiando. Che era la stessa vecchia Scarlet.

      Per qualche ragione, Scarlet pensò all'offerta della madre, relativa al prete. Ora sentiva di avere davvero bisogno di lui. Forse avrebbe potuto aiutarla a farla stare meglio.

      Uscì nel corridoio e poi vide sua madre percorrerlo, mentre si vestiva per andare a lavorare.

      “Mamma?” lei chiese.

      Caitlin si fermò e si voltò, ostentando un'espressione sorpresa.

      “Oh tesoro, non sapevo che fossi già sveglia a quest'ora,” lei disse. “Stai bene?”

      Scarlet annuì, timorosa di scoppiare in lacrime, camminò lungo il corridoio e abbracciò sua madre.

      La madre ricambiò, abbracciandola forte, e la cullò, ed era così bello stare tra le sue braccia.

      “Mi manchi tesoro,” Caitlin disse. “E ti voglio tanto bene.”

      “Anch'io ti voglio bene,” Scarlet disse, il capo reclinato sulla spalla, e cominciò a piangere.

      “Che

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