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      La porta di metallo aveva una fibbia con una pesante serratura. Sal sollevò il tagliabulloni e con uno scatto rapido spezzò la serratura.

      “Siete dentro,” disse. “Spero che troviate ciò che state cercando.”

      Stava già percorrendo il corridoio verso il suo ufficio.

      “Grazie dell’aiuto,” gli urlò Ed da dietro la spalla.

      Sal sollevò una mano. “Sono americano.” Non si voltò.

      Ed si sporse in avanti e tirò su la porta. Osservarono ciò che era visibile prima di entrare. Ed ficcò dentro una mano e lentamente la fece passare da un lato all’altro, su e giù, in cerca di fili.

      Non era necessario. Il deposito di Li non era protetto da trappole. Anzi, sembrava abbandonato da molto. Quando Luke sollevò l’interruttore, metà delle lampade del soffitto non funzionò. Bancali avvolti nella plastica con su giocattoli da pochi soldi erano accatastati in file nelle tenebre, e coperti da cerata verde. Scatoloni di detergenti per la casa generici, non di marca, del tipo che si trovano nei negozi tutto a un dollaro e in outlet spazzatura, erano impilati in un angolo, ad arrivare quasi al soffitto. Tutto era coperto da un sottile strato di polvere. Quella roba stava lì da un po’.

      Li pareva aver importato un carico di ciarpame per mantenere le apparenze, per poi non essersene più occupato.

      “L’ufficio è laggiù,” disse Swann.

      Nell’angolo in fondo del deposito c’era la porta che portava al piccolo ufficio. La porta era in legno, con un vetro satinato per il pannello in alto. Luke provò la maniglia. Chiusa a chiave. Guardò Ed e Swann.

      “Qualcuno di voi ha con sé un piccone? Altrimenti dobbiamo tornare laggiù e spiegare a Sal che il crimine organizzato si è accaparrato il mercato con la merda di discount vecchia di un anno.”

      Ed si strinse nelle spalle e prese le chiavi dalla tasca dei jeans. Il portachiavi aveva una piccola torcia. Ed impugnò la torcia come il più piccolo manganello del mondo, e la abbatté sulla finestra, rompendone il vetro. Si sporse oltre il buco e aprì la porta da dentro. Sollevò la torcia per l’ispezione di Luke.

      “È come un piccone, ma più diretta.”

      Entrarono. L’ufficio era squallido, ma ordinato. Non c’erano finestre. C’era un armadietto con tre cassetti, che erano quasi totalmente vuoti. I cassetti sul fondo avevano ciascuno un po’ di cartelline con manifesti di carico navali e scontrini. Quello in cima aveva qualche barretta proteica e sacchettini di bretzel e patatine, più un paio di bottiglie di acqua di fonte.

      C’era una lunga scrivania di legno, con sopra un vecchio computer. Su un lato della scrivania c’erano i tipici cassetti profondi dove spesso la gente teneva i portadocumenti. Quei cassetti erano chiusi a chiave.

      “Ed?” disse Luke.

      Ed si avvicinò, afferrò la maniglia del cassetto in cima e la tirò fino ad aprirla con la forza bruta – a occhio nudo pareva un giochetto da ragazzi, un lesto strattone del polso a rompere la serratura. Luke lo sapeva bene. Poi Ed procedette ad aprire ogni singolo cassetto usando la stessa tecnica.

      “Come un piccone,” disse.

      Luke annuì. “Sì, ma più diretto.”

      Non c’era molto di più nei cassetti. Matite, penne, stinti articoli da cancelleria. Un pacco ancora chiuso di chewing gum Wrigley. Una vecchia calcolatrice Texas Instruments. In uno dei cassetti, sul fondo, c’erano tre CD-ROM in sporchi astucci di plastica. Gli astucci erano segnati con le lettere A, B e C scritte con pennarello su frammenti di nastro adesivo di carta. L’astuccio con su la lettera B era rotto.

      Swann si mise seduto al computer e lo avviò. “Piuttosto low-tech,” disse. “Questo coso probabilmente ha vent’anni. Scommetto che non è neanche connesso a internet. Certo. Guardate. Risale ai tempi precedenti alle connessioni via cavo, e a molto prima del wireless. Non c’è dove attaccare un Cat 5. Volete una connessione internet su questo coso? Qualcuno qui si ricorda la connessione via modem?”

      Per Luke, non aveva senso.

      “Perché un uomo mandato sul posto per primo per organizzare le cose, e proveniente da un Paese noto per la pirateria informatica sofisticata, ha un computer che non va neanche su internet, e quasi non ci potrebbe andare nemmeno se lui lo volesse?”

      Swann fece spallucce. “Ho un paio di idee.”

      “Ti va di condividerle?”

      “La prima è che non è affatto cinese. Non fa parte di niente di sofisticato. L’hackeraggio della diga non era particolarmente avanzato. Il sistema della diga era maturo per farsi spennare. Potrebbe far parte di un gruppo privo di supporto governativo.”

      “Se non è cinese, allora cos’è?” disse Luke.

      Swann si strinse nelle spalle. “Potrebbe essere americano. Potrebbe essere canadese. Ha zigomi alti e lineamenti del viso piatti, il che potrebbe voler dire che è tailandese. È un tipo grosso, il che potrebbe voler dire Cina settentrionale. Potrebbe essere un americano di discendenza asiatica. Stando in quella stanza con lui non ho colto nulla che indicasse la sua nazionalità. Ma non lo marcherei come cinese solo perché ha un passaporto cinese.”

      “Okay, e qual è la tua seconda idea?” disse Luke.

      “La mia seconda idea è che ha lavorato low-tech in modo che nessun ficcanaso potesse vedere quel che stava facendo. Non si può hackerare qualcosa che non è connesso. Se Li non è su internet, nessuno può leggere i suoi file. L’unico modo per accedervi è venire qui nel suo deposito abbandonato da Dio in un miserabile distretto industriale nella periferia di Atlanta. L’unico modo per scoprire anche solo che questo deposito esiste è torturare Li oppure, nel vostro caso, minacciare di torturarlo. E questa è una cosa che non sarebbe mai dovuta accadere tanto per cominciare, perché Li avrebbe dovuto uccidersi prima della cattura. La gente che avrebbe dovuto trovare il computer erano i responsabili di Li oppure, nello scenario peggiore, l’avrebbe scoperto Sal finiti i soldi dell’affitto. Poi o avrebbe buttato il computer nella spazzatura, o lo avrebbe venuto per dieci dollari.”

      Lo schermo del computer si accese e chiese una password di login.

      Swann fece un cenno in direzione dello schermo. “E quello, proprio lì, sarebbe bastato a bloccare Sal.”

      “Riesci a craccarla?” disse Ed.

      Swann quasi sorrise. “Scherzi? Questi criptaggi del 1994 o giù di lì sono uno scherzetto. Hackeravo questa roba quando avevo tredici anni.”

      Digitò un ordine, e nell’angolo in alto a sinistra apparve una vecchia schermata MS-DOS nera. Digitò altri comandi, esitò un momento, digitò ancora un po’, e tornò Windows, senza più chiedere la password.

      Quando si caricò il desktop, Swann cliccò in giro per un po’. Non ci volle molto. “Non ci sono file qui,” disse. “Nessun documento word, nessun foglio elettronico, nessuna foto, niente.”

      Guardò Luke oltre la spalla.

      “Questo computer è stato ripulito. L’hard disk c’è ancora, e funziona, ma non c’è prova di niente. Penso che il nostro amico Li potrebbe averci fregati.”

      “Riesci a recuperare i file che sono stati cancellati?” disse Luke.

      Swann si strinse nelle spalle. “Forse, ma non posso farlo qui. Potrebbero non esserci file da cui partire. Dovremo rimuovere l’hard disk e portarlo con noi all’NSA per saperlo per certo.”

      Luke si afflosciò appena. Generalmente aveva molta fiducia nella sua capacità di leggere le persone. Ma forse Swann aveva ragione. Forse Li li aveva fregati. Il suo terrore era sembrato abbastanza reale, ma forse aveva finto. Perché avrebbe dovuto farlo? Doveva per forza sapere che Luke sarebbe tornato subito per lui. Non c’era posto in cui scappare.

      “E i CD?” disse. “Controlliamo quelli.”

      Swann

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