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per concentrarsi unicamente sull’incarico.

      Sei minuti più tardi, Bryers imboccò l’uscita. Quando entrarono nel paese, Mackenzie iniziò a sentirsi tesa. La tensione però era positiva – quel tipo di tensione che aveva provato la notte prima del diploma, entrando nel parcheggio con la pistola a proiettili di vernice in mano.

      Era arrivata. Non solo a Strasburg, ma in una fase della sua vita che fino ad allora aveva solo sognato, fin dal suo primo avvilente incarico in Nebraska.

      Oddio, pensò. Davvero è stato soltanto cinque anni e mezzo fa?

      Era proprio così. E adesso che era stata letteralmente accompagnata verso la realizzazione dei suoi sogni, i cinque anni che separavano quel lavoro d’ufficio dal momento presente, sul sedile passeggero di Bryers, sembravano una specie di barriera che separava due versioni diverse di sé. E a Mackenzie andava bene così. Il suo passato non aveva fatto altro che ostacolarla, e adesso che se ne era finalmente liberata, era ben contenta di lasciarselo alle spalle.

      Vide il cartello del Parco Statale di Little Hill e il cuore le accelerò in petto. Era il momento. L’inizio del suo primo caso ufficiale come agente. Tutti gli occhi sarebbero stati puntati su di lei, lo sapeva.

      Era giunto il momento.

      CAPITOLO CINQUE

      Quando Mackenzie scese dall’auto nel parcheggio del Parco Statale di Little Hill, si preparò, avvertendo immediatamente la tensione dell’omicidio nell’aria. Non capiva come, ma riusciva a percepirla. Era una sorta di sesto senso che a volte avrebbe preferito non avere. Nessuno di quelli con cui aveva lavorato finora pareva averlo.

      In un certo senso, realizzò, erano fortunati. Era un dono, ma anche una maledizione.

      Attraversarono il parcheggio e raggiunsero il centro visitatori. Anche se l’autunno non aveva ancora una salda presa sulla Virginia, si era fatto sentire in anticipo. Le foglie tutto intorno stavano cambiando colore, virando sul rosso, il giallo e l’oro. Dietro al centro c’era un gabbiotto della vigilanza, e una donna dall’aria annoiata rivolse loro un cenno dalla cabina.

      Il centro poteva solo definirsi come una banale trappola per turisti. Degli espositori mettevano in mostra magliette e bottigliette d’acqua. Su un piccolo scaffale sul lato destro poggiavano delle cartine della zona e degli opuscoli sulla pesca. Al centro stava una donna in età da pensione, che sorrideva da dietro un bancone.

      “Voi siete quelli dell’FBI, giusto?” chiese la donna.

      “Esatto” disse Mackenzie.

      La donna annuì brevemente e sollevò la cornetta del telefono che c’era dietro il bancone. Digitò un numero da un pezzo di carta di fianco al telefono. Mentre aspettavano, Mackenzie si voltò, imitata da Bryers.

      “Non hai parlato direttamente con la Polizia di Strasburg, vero?” gli chiese.

      Bryers scosse la testa in segno negativo.

      “Saremo accolti come amici o come un intralcio?”

      “Immagino che lo scopriremo presto.”

      Mackenzie annuì e si voltò verso il bancone. La donna aveva appena riagganciato e li stava guardando.

      “Lo sceriffo Clements arriverà tra una decina di minuti. Potete aspettarlo fuori, al gabbiotto della vigilanza.”

      Tornarono fuori e raggiunsero il gabbiotto. Mackenzie si ritrovò ancora una volta quasi ipnotizzata dai colori degli alberi. Camminò lentamente, godendosi la visuale.

      “Ehi, White” disse Bryers. “Tutto a posto?”

      “Sì, perché lo chiedi?”

      “Stai tremando. Sei pallida. Come agente esperto dell’FBI, direi che sei nervosa – parecchio nervosa.”

      Lei strinse forte le mani, accorgendosi che effettivamente tremavano leggermente. Sì, era nervosa, ma sperava di essere stata brava a nasconderlo. Invece a quanto pareva non ci era riuscita.

      “Ascolta, adesso si fa sul serio. È normale che ti senta nervosa. Ma devi sfruttare la tensione. Non combatterla o nasconderla. So che sembra un controsenso, ma devi fidarti di me.”

      Lei fece un cenno con la testa, in imbarazzo.

      Proseguirono senza dire altro, con i colori degli alberi intorno a loro che parevano farsi sempre più vicini. Mackenzie guardò il gabbiotto davanti a sé, notando la sbarra che chiudeva la strada. Anche se sembrava una cosa ridicola, non poté fare a meno di pensare che il suo futuro l’aspettasse al di là di quella sbarra, e si sentì al tempo stesso intimidita e impaziente di superarla.

      Dopo pochi secondi, entrambi udirono il rumore di un piccolo veicolo. Quasi immediatamente dopo, avvistarono un’auto da golf che sbucava dalla curva. Sembrava andare a tutta velocità e l’uomo al volante era tutto curvo in avanti, come se in quel modo potesse far andare la macchina più veloce.

      Il veicolo sfrecciò e Mackenzie guardò l’uomo che immaginò essere lo sceriffo Clements. Era sulla quarantina e sembrava un tipo tosto, uno che non aveva avuto una vita facile. I capelli erano leggermente brizzolati sulle tempie e l’ombra di barba che gli velava il viso era probabilmente sempre lì.

      Clements parcheggiò l’auto, guardò distrattamente la guardia nel gabbiotto e andò incontro a Mackenzie e Bryers.

      “Agenti White e Bryers” disse Mackenzie tendendo la mano.

      Clements la strinse passivamente, poi fece lo stesso con Bryers, prima di voltarsi verso il vialetto dal quale era arrivato.

      “Ad essere onesto” disse Clements “anche se naturalmente apprezzo l’interesse dell’FBI, non sono sicuro che ci serva il vostro aiuto.”

      “Be’, ormai siamo qui, perciò ci permetta di capire se possiamo essere d’aiuto” disse Bryers in tono amichevole.

      “Bene, allora saltate su e scopriamolo” disse Clements. Mackenzie stava facendo del suo meglio per cercare di inquadrarlo, mentre montavano sull’auto da golf. La sua preoccupazione principale fin dall’inizio era cercare di capire se Clements era semplicemente molto stressato oppure se fosse uno stronzo di suo.

      Si mise sul posto davanti, di fianco a Clements, mentre Bryers salì dietro. Clements non disse una parola. Sembrava proprio che cercasse di far loro capire che era una seccatura doverli accompagnare in giro.

      Dopo un minuto circa, giunti ad un bivio, Clements imboccò il vialetto di destra. La strada ora non era più asfaltata, ed era così stretta da permettere a malapena il passaggio della piccola auto.

      “Che istruzioni sono state date alla guardia nel gabbiotto?” chiese Mackenzie.

      “Non deve passare nessuno” disse Clements. “Nemmeno se si tratta di ranger o sbirri. Prima devono avere il mio permesso. Ci sono già troppe persone a cazzeggiare qui intorno, rendendo le cose ancora più difficili.”

      Mackenzie afferrò la frecciatina non troppo velata, ma la ignorò. Non aveva intenzione di mettersi a discutere con Clements prima che lei e Bryers avessero avuto l’occasione di vedere la scena del crimine.

      Circa cinque minuti più tardi, Clements arrestò il veicolo, scendendo prima ancora che si fosse fermato completamente. “Forza” disse, come se stesse parlando a dei bambini. “Da questa parte.”

      Mackenzie e Bryers scesero dall’auto. La foresta incombeva tutto intorno a loro. Era molto bella, ma aleggiava un silenzio pesante che a Mackenzie parve una sorta di presagio – un segnale che fosse accaduto qualcosa di terribile.

      Clements li condusse tra gli alberi, procedendo a passo svelto. Non c’erano sentieri da seguire, soltanto vecchie impronte sparse qua e là tra la vegetazione. Senza nemmeno rendersene conto, Mackenzie superò Bryers per cercare di restare al passo con Clements. Di tanto in tanto doveva schivare un ramo basso o togliersi fili di ragnatela dalla faccia.

      Dopo qualche

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