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ed apparve fin troppo spaventata persino per parlare.

      Caitlin si fece avanti e le spostò gentilmente i capelli arruffati dal viso. “Va tutto bene," Caitlin disse. "Non ti farà mai più del male.”

      Sembrò che la ragazzina stesse di nuovo per scoppiare in lacrime.

      "Io sono Caitlin," lei disse. "E questo è Caleb.”

      La ragazzina li guardò, ancora senza parlare.

      "Come ti chiami?" Caitlin le chiese.

      Dopo diversi secondi, la ragazzina finalmente rispose: “Scarlet."

      Caitlin sorrise. “Scarlet," lei ripeté. "E' proprio un nome grazioso. Dove sono i tuoi genitori?"

      Lei scosse la testa. “Non ho i genitori. Lui è il mio tutore. Mi picchia ogni giorno. Senza motivo. Lo odio. Vi prego, non fatemi tornare da lui. Non ho nessun altro.”

      Caitlin si voltò verso Caleb, e vide che lui la stava guardando, entrambi pensavano la stessa cosa allo stesso tempo.

      "Sei al sicuro adesso,” Caitlin disse. “Non devi più preoccuparti. Puoi venire con noi.”

      Gli occhi di Scarlet si spalancarono per la sorpresa e la gioia, e quasi esplose in un sorriso.

      "Davvero?" lei chiese.

      Caitlin ricambiò il sorriso, le diede la mano e Scarlet la prese, così per aiutarla ad alzarsi in piedi. Caitlin vide le sue ferite alla schiena, ancora grondanti di sangue, e nel profondo, improvvisamente sentì un potere impossessarsi di lei. Pensò a ciò che Aiden le aveva insegnato, al potere di sentirsi come una cosa sola con l'universo, e nel profondo di se stessa, percepì l'esistenza di un potere che non aveva mai sentito. Lei aveva sempre sentito quello della sua rabbia, ma mai uno simile a questo. Era diverso, nuovo, e la avvolgeva dalla testa ai piedi, passando dalle braccia alla punta delle dita.

      Si trattava del potere della guarigione.

      Caitlin chiuse gli occhi e si abbassò, mettendo le mani sulla schiena di Scarlet, dove si trovavano le ferite. Respirò profondamente, e fece appello al potere dell'universo, richiamando alla mente tutto l'addestramento a cui Aiden l'aveva sottoposta, e si concentrò a inviare alla ragazzina la luce bianca. Sentì le mani diventare molto calde, e sentì un'incredibile energia scorrere dentro di lei.

      Caitlin non era certa di quanto tempo fosse trascorso, quando riaprì di nuovo gli occhi. Aprendoli, vide Scarlet che la stava guardando, con gli occhi spalancati per lo stupore. Anche Caleb la guardò, anche lui stupito.

      Caitlin guardò in basso, e vide che le ferite di Scarlet erano completamente guarite.

      "Sei una maga?" Scarlet domandò.

      Caitlin esplose in un grosso sorriso. "Qualcosa del genere."

      CAPITOLO SEI

      Sam volò sopra la campagna britannica con Polly al suo fianco, ma tenendola a distanza. Le loro ali erano aperte, ma non erano abbastanza vicine da toccarsi, visto che volevano che ci fosse dello spazio tra di loro. Sam preferiva che fosse così, e desunse che anche lei lo volesse. Gli piaceva Polly, davvero. Ma, dopo il suo fiasco con Kendra, non era pronto ad avvicinarsi a qualcuno del sesso opposto, almeno per un po' di tempo. Ci sarebbe voluto un po', prima che potesse fidarsi di nuovo di qualcuno. Persino se si trattava di qualcuno che era stato molto vicino a sua sorella, come sembrava essere Polly.

      Volavano da ore, e appena Sam guardò in basso, nella luce del mattino, vide immensi ed estesi strati di colture, con sporadiche casette, con il fumo che si innalzava dai comignoli in pietra, persino in quella bella giornata autunnale. Vide una persona fuori nel suo cortile, recarsi verso il bucato, stendendo le lenzuola sulle corde. Ad ogni modo, non c'erano molte abitazioni. Quella terra sembrava essere interamente rurale, e lui cominciò a chiedersi se le città esistessero per davvero in quell'epoca—a prescindere dal tempo e dal luogo in cui si trovavano.

      Sam non aveva alcuna idea di dove andare, e Polly non era stata di grande aiuto. Avevano entrambi fatto appello ai propri sensi sviluppati di vampiri per sintonizzarsi, per provare a sfruttare la loro vicina connessione a Caitlin, per percepire dove lei fosse. Avevano entrambi intuito che lei potesse trovarsi in quella generale direzione, ed avevano volato per ore. Ma da allora, non avevano visto alcun indizio o pista diretta. L'istinto suggerì a Sam che Caitlin fosse in una grande città. Ma non erano passati sopra qualcosa neanche lontanamente delle sembianze di una città, per centinaia di chilometri.

      Proprio quando Sam stava cominciando a chiedersi se avesse scelto la giusta direzione, svoltarono e, in quello stesso istante, lui fu scioccato da ciò che vide in lontananza. Lì, all'orizzonte, c'era una grande città. Non era in grado di riconoscerla, e non era sicuro di poterlo fare nemmeno da vicino. Non aveva un gran conoscenza geografica, e non era granché nemmeno in storia. Era il risultato del suo continuo spostarsi, del frequentare le amicizie sbagliate e di non prestare attenzione a scuola. Era stato uno studente da Sufficienza, sebbene sapesse di avere il potenziale per essere uno da Ottimo. Ma prima era stato troppo difficile per lui trovare un motivo per cui preoccuparsi della sua educazione. Ora, lo rimpiangeva.

      "E' Londra!" Polly gridò, esternando gioia e sorpresa. "Oh mio Dio! Londra! Non posso crederci. Siamo qui! Siamo davvero qui! E' un posto magnifico!" lei gridò, eccitata.

      Grazie al cielo per Polly, Sam pensò, sentendosi più stupido che mai. Si rese conto che avrebbe potuto apprendere molte cose da lei.

      Appena si avvicinarono di più, e gli edicfici apparvero davanti a loro, Sam si meravigliò dell'architettura. Persino a quella distanza, vide i campanili delle chiese ergersi fin su in cielo, disegnando la città, come se fosse un campo di lance. Appena si fecero ancora più vicini, vide quanto tutte le chiese fossero maestose e magnifiche—e fu sorpreso che apparissero già antiche. Oltre ad esse, tutti gli altri edifici sembravano in miniatura a confronto.

      Non appena iniziò a rendersi conto di dove fosse, percepì fortemente che Caitlin era lì. E quel pensiero lo eccitò ed elettrizzò al contempo.

      "Caitlin è laggiù!" Sam urlò. "Lo sento.”

      Polly gli sorrise. "Anch'io!" lei urlò.

      Per la prima volta da quando erano finiti in quell'epoca e in quel posto, Sam si sentì finalmente a suo agio, come se fosse ora certo di che cosa fare. Finalmente, stabilì che erano sulla giusta pista.

      Provò a percepire se lei era in pericolo. Ad un primo tentativo, non ottenne nulla. Pensò all'ultima volta che l'aveva vista, a Parigi, proprio prima che lei volasse a Notre Dame. Era con quel tipo – Caleb —e si chiese se fossero ancora insieme. Aveva incontrato Caleb una o due volte, ma gli era piaciuto molto. Sperava che Caitlin fosse con lui, e che lui si prendesse cura di lei. Ebbe una buona sensazione pensando a loro due insieme.

      Polly si abbassò improvvisamente, senza avvertire, avvicinandosi sempre di più ai tetti. Non le importava neanche che Sam la seguisse, o lei credette semplicemente che lo facesse. Questo infastidì Sam. Avrebbe sperato di ricevere un preavviso da lei, o almeno che gli indicasse in qualche modo che si stava abbassando. E poi, una parte di lui percepì che a lei importava. Stava soltanto fingendo il contrario?

      E perché a lui importava, ad ogni modo? Non si era solo detto che non era interessato alle ragazze in quel momento?

      Sam si abbassò sempre di più, al suo livello, e volarono a pochi metri sopra la città. Ma virò a sinistra, così che volassero persino ancor più distanziati tra loro. Prendi questa, Sam pensò.

      Appena si avvicinarono al centro della città, Sam rimase a bocca aperta. Quell'epoca e quel luogo erano così diversi, diversi da qualsiasi altra cosa che avesse visto o conosciuto. Era così vicino ai tetti, era come se potesse quasi raggiungerli e toccarli. La maggioranza degli edifici era bassa, alta di pochi piani, e costruita con tetti inclinati, ricoperti da quelli che sembravano enormi strati di fieno o paglia. La maggioranza degli edifici era dipinta di un bianco luminoso, con contorni dipinti in marrone. Le chiese—enormi, marmoree, calcaree—si ergevano alte, emergendo dal paesaggio, dominando interi isolati, e ovunque erano sparse poche altre grandi strutture che sembravano palazzi. Probabilmente, lui immaginava, si trattava di residenze per I reali.

      La

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