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      Naja tripudians

      … The rest is silence.

Shakespeare

      Se qualcuno, leggendo questo libro, ne rimanesse turbato, vorrei potergli dire: «Non vi commovete. È tutta una fantasia». Ma questo, pur troppo, non lo posso dire.

      Non io ho ideato questa storia: è la Realtà, terribile Romanziera, che la concepì e creò.

      Fu lei che mi cantò le chiare note del principio; fu lei che mi dettò le nere pagine della fine.

      – La fine? – dirà qualcuno. – Ma questo libro non ha fine! Alla notte segue l'alba, e all'alba il giorno.... Che accadde poi di Leslie?

      Io rispondo: La vita non finisce soltanto colla morte.

      La storia di Leslie è finita.

      .... «The rest is silence».

      I

      – Lasciamo fare a Madre Natura, – disse Mr Williams, il medico di campagna, uscendo dalla camera della sofferente e chiudendo cautamente l'uscio dietro di sè. E battè sulla spalla del marito, accasciato su una seggiola nel corridoio col capo tra le mani: – Lasciamo fare a Madre Natura.

      Francis Harding alzò la fronte su cui cadevano scomposti i capelli già biancheggianti.

      – Ma non c'è pericolo?… – e fissò gli occhi rossi dalle veglie e dal pianto sul suo vecchio amico e collega.

      – Niente! Niente pericolo, – disse il dottor Williams allegro e bonario; – e voi, mio buon Frank, andate a passeggio.

      – Quanto durerà ancora? – interrogò il marito.

      – Quattro o cinque ore.... o sei, – disse il medico.

      Un lungo gemito e un altro e un altro ancora, crescente fino a un urlo stridulo e straziante, giunse a loro traverso quella porta chiusa. Il marito trasalì, pallido, battendo i denti, e un sudore gelido gli perlò sulla fronte. Fece per tornare indietro.

      – No, no! – esclamò il dottore, prendendolo per un braccio. – Non fareste che disturbarla. C'è la buona Jessie che le bada. Fuori, fuori....

      E trasse l'amico, che barcollava come un ubriaco, giù per la breve scalinata di Rose Cottage e fuori nel giardinetto mesto e sfrondato, dove le margherite viola e le ultime rose ottobrine sbattute dal vento si dolevano d'essere venute al mondo in autunno invece che in primavera.

      – Via, via! Andate a passeggiare, – ripetè il dottore. – Io vado a fare tre visite e poi torno qui. Guai a voi, se vi ci ritrovo!

      E stringendo affettuosamente la mano dell'amico, il dottor Williams andò a slegare dallo steccato le redini del vecchio cavallo bianco che pascolava placidamente l'erba sull'orlo della strada campestre.

      – Andrò a vedere la bambina, – sospirò Harding volgendo lo sguardo appannato nella direzione del villaggio, annidato nel verde a mezzo miglio di là.

      – Bravo, bravo! Dove l'avete?

      – L'ho mandata in casa della maestra, – disse Harding; – ha offerto lei di tenermela durante questi giorni.

      – È una buona creatura quella Miss Smith, – osservò il dottore. E colle redini in mano salì nel baroccino. – Non offro di condurvici perchè vado nella direzione opposta. E poi, vi farà bene il moto.

      Harding fece mestamente cenno d'assenso, e il dottore, sbattendo le redini sul grasso collo del cavallo, partì, sballottato nel suo calessino giallo, per la strada di campagna lunga, dritta, spazzata dal vento autunnale.

      Francis Harding scese lentamente per la scorciatoia verso il villaggio di Wild-Forest, tremando di udire rinnovarsi, prima d'esserne fuori di portata, quel gemito, quell'urlo che ormai da dodici ore si rinnovava a intervalli sempre più brevi, e che diveniva sempre più angosciante e straziante.

      – A che cosa serve, – riflettè egli amaramente, scendendo tra i prati umidi e smeraldini sotto gli alberi rosseggianti e in parte già sfrondati, – a che cosa serve ch'io sia dottore, se non posso assistere nell'ora del suo spasimo la creatura a me più cara? Se non posso lenire le sue sofferenze?

      E pensò che se pure, come marito, non poteva assistere nel parto sua moglie, avrebbe pur potuto starle vicino, farle respirare un po' di cloroformio nelle crisi del massimo dolore....

      Ma poi si disse che il vecchio Williams era geloso delle sue pazienti e non avrebbe tollerato la menoma intromissione, neppure quella del marito.

      E continuando la sua strada, umiliato, pensava di sè: che razza di dottore era mai? Che dottore inutile e grottesco! Specialista di malattie tropicali qui, in un paesello nordico dell'Inghilterra, dove il sole si vedeva un giorno su dieci! Che ironia saper curare i casi d'insolazione e di colera asiatico! Essersi specializzato negli studi dell'elefantiasi e della lebbra, nelle cure dei veleni ofidici di vipere e di naie!… Ah! meglio se fosse rimasto laggiù nelle Indie, solitario naufrago della vita sulle torride e desolate coste del Malabar, tra i soldati e i negri; meglio se non fosse tornato qui nel suo paese nativo, a sposare la mite e timida creatura, di vent'anni più giovane di lui, che ora gli metteva al mondo, tra gli spasimi, dei figli – come lui miti e timidi, come lui inetti alla vita....

      Veramente, pensò poi per consolarsi, sua figlia maggiore – l'unica fino ad oggi – la piccola Myosotis ch'egli andava ora a trovare, non era poi tanto timida, nè tanto mite.... Al pensiero di Myosotis il dottore Francis Harding affrettò il passo.

      Giunse alla casa della maestra e, battendo piano alla porticina verde, senza attender risposta girò la maniglia ed entrò.

      Subito dalla saletta a pianterreno gli corse incontro la sua bambinetta seguita con maggior compostezza da Miss Smith.

      – Papà!… – e gli saltò tra le braccia. Poi, guardandosi intorno: – dov'è la mamma?

      – Te l'ho già detto io, – interpose in fretta la maestrina, anima mistico-poetica, ammiccando cogli occhi al dottor Harding; – è andata nel giardino delle Esperidi a prenderti un fratellino.

      – Poteva tralasciare; – disse la piccola Myosotis – potevamo mandare il giardiniere o qualcun altro a prenderlo. E poi, – soggiunse con un piccolo broncio, – non c'era bisogno di fratellini; vero, Papà?

      Il Papà arricciandosi nervosamente i baffi grigi si strinse nelle spalle con fare un po' compunto.

      – Veramente.... – disse, quasi coll'aria di volersi scusare.

      La maestra s'interpose di nuovo: – Bisogna accettare con gratitudine ciò che il buon Dio manda.

      – Ma allora, – ribattè Myosotis coll'ostinazione propria all'infanzia – se Dio lo mandava non c'era bisogno che la mamma si disturbasse ad andarlo a prendere.

      Suo padre ebbe un pallido sorriso; ma Miss Smith aggrottò le sopracciglia. – Zitta, – disse. – I bambini non devono parlare che quando si rivolge loro la parola.

      Indi interrogò collo sguardo il dottor Harding.

      – Mah!… – fece egli, e trasse un profondo sospiro. – Non ancora.... Il dottore spera che tra qualche ora....

      – Mah! – fece a sua volta Miss Smith.

      Ed entrambi fissarono lo sguardo un po' triste, un po' vacuo sulla bambina; e tacquero.

      Finalmente Miss Smith propose il rimedio inglese ad ogni più grave guaio.

      – Prendiamo una tazza di thè!

      Frattanto il grasso cavallo bianco del dottor Williams saliva a passo lento le brevi colline e scendeva a trotto pesante le brevi vallate; e il dottor Williams fece con cura e coscienziosità le sue tre visite. Indi il grasso cavallo bianco riprese la via di Rose Cottage; a passo lento le salite, a trotto pesante le discese; e arrivò al cancelletto verde sul calar della sera.

      Francis Harding passeggiava in su e in giù per il malinconico giardino crepuscolare; e si stringeva la testa tra le mani.

      – Dottore!… dottore!… – singhiozzò, – aiutatela, aiutatela per amor di Dio.

      E il dottore, entrando nella buia anticamera e togliendosi il soprabito, ripetè bonario:

      – Ma

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