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Giacomo

      'O voto: Scene popolari napoletane in tre atti

      PERSONAGGI

      Vito Amante – tintore

      Annetiello – cocchiere da nolo

      Don Marco Auletta – barbiere

      Rafele 'o tintore – garzone di Vito

      Il brigadiere delle G. di P. S. Amantucci

      La guardia Bianchetti secondo

      'O si' Rabbiele 'o scarparo

      Donn'Amalia – moglie d'Annetiello

      Donna Rosa – madre di Vito

      Cristina 'a capuana

      Nunziata 'a capera

      Assunta

      Giovannina

      Sufia

      Teresina (dieci anni)

      Marianna – cieca, mendicante

      Donna Cuncetta

      Garzoni della tintoria – Monelli – Guardie

      Popolani – Un maruzzaro

      In Napoli, e in una piazzetta di «Pendino». Epoca presente. Dal 1º al 2º atto trascorre un mese.

      'O VOTO

DECORAZIONE

      Una piccola piazzetta al «Pendino». In fondo, tra due vicoli, la tintoria di Vito Amante. Drappi di ogni colore pendono dagli stipiti e da bastoni di legno sull'architrave. Per terra, davanti alla bottega, a sinistra di chi v'entra, è una tinozza. La bottega è buia; in fondo, un lumicino rosso palpita nella oscurità. Sulla porta due corna di cervo. Sulla bottega un balconcello con tendine bianche. Ai ferri della balaustra è attaccata una cassettina sopra cui è scritto Albergo della rosa. Al 3º atto un lume, che è dentro la cassettina, rischiara la scritta. Il muro giallo del palazzetto sotto al quale è la tintoria è tutto bucherellato da finestre. Il vicolo a sinistra dello spettatore finisce con una scala di pietra, dai larghi gradini. In principio del vicolo è un Cristo su di una base di mattoni coloriti, e ha davanti voti e lanternine. Sopra al Cristo è una cupola. Più in là è una fontanina publica.

      A sinistra, sul davanti della scena, un piccolo e sporco palazzetto, dalla porta schiusa, davanti a cui son tre gradini. Sul portoncino una finestra con persiane verdi, di legno a stecche, chiuse.

      A destra dello spettatore, pur sul davanti, la bottega di barbiere di don Marco. Sull'insegna è scritto Salone. Sedie e una scranna fuori la bottega. Più in là il banchetto del calzolaio. Poco discosto dalla tintoria un Banco del Lotto.

      È un tramonto d'Agosto.

      ATTO PRIMO

      SCENA PRIMA

      Al levarsi della tela è un gran movimento nella piazzetta. Davanti alla bottega di Vito Amante si affolla gente e si pigia per guardarvi. Gran mormorio d'interrogazioni, di risposte, di osservazioni, di apostrofi. Altra gente comincia ad apparire alle finestre. Il balcone sulla tintoria s'apre e una donna s'affaccia, sporgendosi dalla balaustra, guardando in sotto. Annetiello che è pur in mezzo alla folla davanti alla bottega del tintore, se ne allontana lentamente e viene avanti, un mazzo di carte fra mani, e va a sedere davanti alla bottega di don Marco, cavalcioni a una panca. Rafele attinge acqua alla fontanina e riempisce un orciuolo, di tanto in tanto parlando con qualcuna che s'affaccia di sotto alla persiana verde del palazzetto a sinistra dello spettatore. Come la tela si leva Nunziata, che si trae dietro la ragazzetta Teresina, le parla in fretta sul davanti della scena. La gente continua a sopraggiungere dai vicoli, e a chiosare, e a fermarsi.

Nunziata(a Teresina)

      Va, curre! 'È capito? Addu' don Liborio 'o farmacista, 'a vutata d' 'o vico! Duie solde 'e mistura d' 'e quatte sceruppe…

Teresina(lasciando cadere i due soldi nel bicchiere)

      Duie solde 'e mistura?..

Nunziata

      D' 'e quatto Sceruppe! (Teresina via, correndo. Nunziata le grida appresso): 'Addu' don Liborio!.. 'A vutata d' 'o vico!.. (fa per tornare alla tintoria) Curre!

Sufia(fermandola pel braccio)

      Nunzià, ch'è stato?

Nunziata

      È benuta na cosa a don Vito 'o tintore… Premmettete…

(corre alla tintoria)Assunta(arrivando dal vicolo a sinistra)

      Sufì, ch'è stato?

Sufia

      Dice ch'è benuta na cosa a don Vito 'o tintore…

Giovannina(uscendo di mezzo alla gente che sta davanti alla tintoria)

      Ah! Giesù! Io nun me fido 'e vedé! (conduce per mano una bambinella)

Rafele(tornando dalla fontana con l'orciuolo, a Giovannina)

      C'ha fatto? Ll'è passato?

Giovannina(pietosa)

      Sta chiagnenno…

Sufia(cercando di trattenere Rafele)

      Rafé, siente…

Rafele(liberandosi)

      Lassateme ì… (va alla bottega e si mescola alla folla) (Sofia, Giovannina e Assunta rimangono a parlare sottovoce)

Donna Cuncetta(da una finestra sulla bottega di Marco, chiamando Annetiello ch'è davanti alla stessa bottega)

      Annetié!

Annetiello(levando il capo)

      Gnó?

Donna Cuncetta

      Ch'è succieso?

Annetiello(facendo segno alla tintoria)

      È don Vito…

Donna Cuncetta

      Bè?

Annetiello(che sta sfogliando le carte)

      Ha sputato 'o zuco d' 'e pummarole.

Donna Cuncetta

      Uh, figlio mio! Vicié!.. (un uomo si affaccia alla finestra stessa accanto a donna Concetta. Parlano sottovoce fra loro. L'uomo ha la pipa in bocca e sputa abbasso. Il parlottio e la ressa continuano sempre. Arriva altra gente dai vicoli e si fanno qua e là dei capannelli. La persiana al palazzetto si schiude lievemente e una mano e un braccio nudo vi compaiono sotto. La mano indica la bottega di Vito).

Sufia(ad Assunta)

      Ma 'a mamma 'o ssape o nun 'o ssape?

Assunta

      No! Nun sape niente!..

Rafele(uscendo dalla folla)

      Passe meglio, passe meglio!..

Sufia

      Rafè, 'a mamma ha saputo niente?

Rafele

      C'ha dda sapé? Chella sta 'a casa…

Giovannina(mostrando la bambina che ha per mano)

      Si nun tenesse a chesta 'a jesse a chiammà io…

Sufia

      Overo! Chella povera vecchia!

Rafele

      Gnernò, assate 'a ì! Ca chella si scenne ccá bascio revota 'o quartiere!

Assunta

      No, io, 'a verità, 'a iesse a chiammà!..

Rafele

      Chillo sta buono!

Don Marco(dalla tintoria, con un baciletto di stagno in mano)

      Ma ch'ebbreca! Nu fatto che succede ogn'anno na vota e uno nun se po' manco abbuscà na nzagnata!

Sufia

      Essí! Chillo perde sango e vuie le vulite levà pure 'o riesto!?

Giovannina e Assunta

      Neh, ma vedite!

Rafele

      Ha purtato 'o vacile! Ll'aveva pigliato pe quacche cavallo!

Don Marco

      Statte zitto, ca tu nun ne capisce niente!

Rafele

      Mo

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