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Il diritto di vivere: Dramma in tre atti. Bracco Roberto
Читать онлайн.Название Il diritto di vivere: Dramma in tre atti
Год выпуска 0
isbn
Автор произведения Bracco Roberto
Издательство Public Domain
Quante chiacchiere che hai!
E voi non fumate, papà Michele?
No.
Vi compiango.
(un po' rabbonito) Dimmi: com'è che stai digiuno? Non lavori più da Salviati?
(accostandosi a lui) C'era una volta una scimmia, che se ne stava accanto al fuoco…
Auff!..
Questa scimmia si chiamava… (S'interrompe ascoltando.)
(Un altro tentativo d'applausi e di grida festose è represso dalle parole severe di Antonio.)
(la quale si ode più da vicino man mano ch'egli parla) V'ho detto che i battimani e il chiasso non mi vanno a genio!
(s'alza e va verso il fondo, come per aspettare Antonio.)
(continuando) Vi permetterò d'applaudirmi e ci applaudiremo scambievolmente il giorno in cui avremo consolidata la nostra posizione con un bilancio effettivamente attivo, senza debiti e senza impicci!
(a Michele:) Non so se mi spiego!
SCENA III
(che è ora comparso sul pianerottolo, piegando un po' il corpo sul parapetto, parla in tono alto e fraterno ai compagni che sono giù:) Il nuovo strumento di produzione, di cui oggi abbiamo sperimentata la potenza con una prova vittoriosa, è sproporzionato alle nostre attuali forze finanziarie, e potrebbe riuscirci fatale se altre forze non sapessimo trarre dalla pazienza, dalla pertinacia e sopra tutto dai sacrifizi. Pel nostro avvenire e per affrontare ogni probabile lotta è stata necessaria l'audacia d'impiantarlo. Ma esso non comincerà ad essere remuneratore per noi che quando avrà pagato completamente sè stesso. Tutto ciò voi lo sapete, e sui vostri sacrifizi io ci conto.
Sì… sì… sì…
(a Michele:) Dunque, questa scimmia si chiamava: Pigliabene…
Va al diavolo!
(continuando:) Resti dentro di noi, oggi, la festa che ci esalta. Non clamori e non baldorie. Sia frugale come al solito, oggi, il nostro desco; ma più dolce e più gaio sia il riposo, ma più saldo il proposito di arrivare, ma più libero il respiro, più libero l'animo, più libero il pensiero, più alta la fronte, e gli occhi al sole: al sole che offre a tutta quanta la natura il sacro beneficio della vita!
(Ancora un vocìo di compiacenza e di adesione.)
(col cuore riboccante di tenerezza e di giubilo) Antonio!
(discende gli scalini e lo abbraccia.) Babbo mio caro, tu sei tanto contento, lo so.
E rimproveri a me non ne spettano. (Indicando il braccio mancante) Io non potevo batterti le mani.
Hai visto? Il risultato è preciso quello che io calcolavo quando la mia macchina era soltanto un semplice schizzo sopra un pezzo di carta. In fondo, anche tu non eri sicuro.
E che conto io? Io fido ciecamente in te, e poi diffido un poco della sorte.
(che s'era tratto da canto) E allora non dovreste rifiutare i servigi di chi viene a portarvi fortuna.
(voltandosi a lui) E di dove esci, tu?
Congratulazioni e augurii!
Da parte del tuo padrone?
Il padrone è morto.
Morto?!
Per me.
Stupido!
Per lui, campa. Altro che campa!
Pare che il signor Guido Salviati lo abbia mandato a spasso.
(a Martino:) E com'è accaduto?
L'amante gli faceva le corna.
E tu che c'entri?
Gliele faceva col figlio, con l'ingegnere Franz Salviati, che è tornato dal Belgio con la barbetta a punta e il sangue in ebollizione.
E che colpa ne avevi, tu?
Il padre ha creduto che io facessi da mezzano nella faccenda.
(con un gesto di protesta fiduciosa) Non era vero!?
Papà Michele, perchè non andate un po' a guardare la macchina portentosa del vostro figliuolo?
Ti disturbo?
Voi siete come una zitella. Certe cose non dovete sentirle.
(andandosene, con disgusto) E tanto meno vorrei dirle, io.
A rivederci, papà Michele.
(a Martino:) E non gli far perdere tanto tempo con questo luridume. Puah! (Esce per la porta a sinistra.)
(Qualche operaio attraversa in fretta il pianerottolo.)
(chiudendone pazientemente l'uscio di vetro, si rivolge ad Antonio con aria misteriosa) E seccature non ne vogliamo.
Sicchè, non era vero?
A quattr'occhi: era vero!
(con indignazione e ribrezzo) Sporcaccione! Un operaio onesto cade così in basso!
(siede presso la scrivania) Mettiamo le cose a posto. Onesto, non mi sono mai vantato di esserlo. Non dico che… ma… l'onestà è un oggetto di lusso, e io… Parliamoci chiaro! (Pausa.) Dunque, il padre mi teneva a stecchetto come operaio, e il figlio mi pagava bene… come uomo di mondo. Potevo immaginare che nel caso di essere scacciato dal padre, anche il figlio avrebbe avuto il prurito di lasciarmi in asso? E intanto, per San Gioacchino protettore dei gobbi, così è successo, capite!
Ben ti sta. (Siede dall'altro lato della scrivania.)
È mala gente, credete a me; è gente che ha tanto di pelo sulla coscienza.
Ma si lavora, mio caro, si lavora tranquillamente, e non si va a giuocare e a bere e a ubbriacarsi come hai fatto sempre tu. Con la vitaccia che hai menata, chi vuoi che ti compatisca, ora?
Giuocare e bere, non lo nego. Ma si giuoca per vincere e non già per perdere; e poi… si beve per dimenticare che invece di vincere si è perduto. E fossero questi i guai! I guai stanno a casa: quei cinque chiodi che mi mettono in croce!..
Cinque figli hai?!..
Oltre la madre che li ha fatti. Lei dice che li ho fatti anch'io; ma io