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Fiori d'arancio. Bracco Roberto
Читать онлайн.Название Fiori d'arancio
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Автор произведения Bracco Roberto
Издательство Public Domain
Fiori d'arancio
Rappresentato per la prima volta nell'aprile del 1898 al teatro Fiorentini di Napoli, a beneficio della Società Margherita pei Ciechi, dalla signorina Rosina Gervasi, e dai signori conte Giuseppe Calletti, Leopoldo Persico e Felice De Luca.
Il signor Vannucci, direttore della scuola.
Nina, alunna.
Altre undici alunne.
Don Paolo, curato.
Ferdinando.
Un maestro.
ATTO UNICO
Lo studio del direttore, di forma irregolare. La parete di sinistra sta di sbieco, formando un angolo ottuso con la parete di fondo. Ambiente rusticano. Una scrivania innanzi a una seggiola a bracciuoli di tela cerata. Sulla scrivania, tra gli altri oggetti, un orciuolo. A un muro l'enorme orologio ufficiale della scuola: sfere e pendolo, immobili. Attaccato alla parete di destra, e precisamente alle spalle della seggiola a bracciuoli, un gran calendario illustrato e una carta geografica. In un canto della stanza, un lavamani, con su una bottiglia d'acqua. In un altro canto, una campanella con una cordicina penzolante. Una vecchia poltrona presso un tavolinetto portatile. In fondo, un uscio a due battenti, e sull'uscio i ritratti in oleografia del Re e della Regina: bruttissimi. Nella parete di sbieco, un gran balcone spalancato, dal quale si scorge la campagna.
SCENA I
(si è appisolato sulla vecchia poltrona, con le spalle volte al signor Vannucci. Ha davanti il tavolinetto su cui sono una tazzolina vuotata e un mazzo di carte.)
(è seduto presso la scrivania, curvo sopra un registro aperto, e scrive. Un lungo silenzio. A un tratto, si lascia scivolare con mal garbo la penna dalle dita) Ih, che inchiostro! Che inchiostro! (Prende l'orciuolo e versa inchiostro nel calamaio. Quindi, stringendo fra le labbra i peli più lunghi dei baffi, borbotta:) Si va male. Male assai! (Guardando il registro) Punti scadenti in grammatica, punti scadenti in geografia, punti scadenti in condotta…: punti scadenti sempre! Fatiche buttate via con queste fanciulle benedette! L'istruzione obbligatoria?.. A che pro? A che pro?.. Fisime, caro don Paolo, utopie, sogni! La scuola nel villaggio! Uhm! Che sbaglio! Ignoranti vogliono restare, ignoranti! Ed è meglio!.. Oh, la santa, beata e comoda ignoranza! Altro che progresso! Diceva bene il celebre Giuseppe Verdi: «Torniamo all'antico!» Già, voi siete un progressista sfegatato!.. Menate vanto di seminare in campagna le idee della città e quindi non potete essere della mia opinione. Non è così? Eppure, voi, che dite di conoscere a fondo l'umanità, dovreste capirmi. (Un silenzio.)Don Paolo, parlo con voi. (Un silenzio.) (Alzando la voce e chiamando:) Don Paolo, don Paolo!
(svegliandosi) Oh!.. Sono all'ordine. (Pigliando il mazzo di carte) Faccio carte io.
Ma, don Paolo, non è l'ora della partita. Vi eravate addormentato?
Il vostro caffè è… un narcotico potentissimo!
Bravo!
Ma perchè non si può fare la partita?
Devo mettere in libertà le classi femminili, adesso. Sono le sette e forse più.
Come lo sapete? L'orologio della vostra scuola non è di quelli che camminano. Oh, no!
(alzandosi) Il mio vero orologio è il sole. Vedete: l'ultimo raggio ha già lasciato il mattoncello lesionato. (Indica un punto del pavimento.) Nondimeno, per la scolaresca, l'orologio a cucù, che è l'orologio ufficiale, funziona perfettamente. (Prende di su la scrivania una stecchetta di osso.) Non cammina?.. Che importa?.. Introducendo questa stecchetta nelle sue viscere, io ottengo quanti ululati voglio. E nelle scuole, caro don Paolo, tutto è forza morale. State a sentire. (Con la stecchetta, comincia a martoriare l'ingranaggio dell'orologio, il quale mette fuori sette suoni affannosi.)
Bella, questa forza morale!
(dopo il settimo suono) Ecco, sono le sette. (Indi, va a tirare la cordicina della campanella, che riempie l'aria del suo strepito.)
(portando le mani alle orecchie) Altro saggio di forza morale!
(Si ode sùbito un rumore di panchette smosse e un gaio e fanciullesco vocìo femminile.)
(di dentro, con voce nasale) Calma, ragazze, calma! Caspita, che fretta!
Ma ci scommetto che il maestro ha più fretta delle scolare. (Torna a sedere presso la scrivania.)
(schiudendo l'uscio del fondo e facendo comparire soltanto la testa calva con i relativi occhiali e un paio d'orecchie a ventaglio) Valgo a servirla, direttore?
(quasi tra sè) Se l'ho detto io che ha più fretta lui!.. (Al maestro) Nulla di nuovo?
Nulla, direttore. Servo suo, direttore.
E dica, professore: hanno imparato i quattro punti cardinali?
Non tutti e quattro, direttore. Mi sono riserbato il Nord per la volta ventura.
Ha fatto bene.
Grazie, direttore. Servo suo, direttore.
Si conservi. E le raccomando…
Che cosa?
Il Nord.
Non dubiti, direttore. Servo suo, direttore. (E via.)
(sbuffando e parlando tra sè:) Direttore di qua, direttore di là, direttore di giù, direttore di su… Sarà un omaggio, sarà tutto quello che si vuole; ma a me sembra una burletta! Nè più, nè meno: una burletta!
Fatemi grazia: perchè non vi siete ammogliato?
Come c'entra questo?
Voi avete tutti i difetti delle vecchie zitelle, compreso quello di brontolare dalla mattina alla sera. Se vi foste ammogliato, io non avrei per amico… un brontolone…
Mi dispiace, ma non c'è rimedio.
Ammogliatevi, ammogliatevi. È meglio tardi che mai. Anzi, a questo proposito, io volevo proporvi…
(interrompendo) Don Paolo, vi prego… Ho da fare il controllo della scolaresca. Vi pare il momento opportuno per prendermi in giro?
Il controllo! Oh! Oh! Che controllo?
Ma sì. Devono essere dodici teste e dodici «riverisco». Conto giusto.
E allora me ne vado. Se manca qualche testa, sto fresco. Arrivederci …direttore! Ma torno più tardi per la partita, eh?
Sì, sì, don Paolo. Arrivederci, arrivederci.
(Si odono i battimani delle fanciulle e le lor voci confuse:) Don Paolo! Don Paolo! Don Paolo!..
(stringendosi il capo tra le palme) Ora me le mette in rivoluzione!.. Che pazienza! Che pazienza! (Vede schiudere un po' l'uscio di fondo.) Finalmente, ci siamo!
SCENA