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non doveva egli andare a cercarli, e, se erano scoperti, partecipare alla loro sorte? La sua deliberazione fu pronta: impugnò, senza cavarla tuttavia di tasca, la sua rivoltina, e affrettò il passo per entrare nel vicolo.

      Ma egli aveva a mala pena svoltato l'angolo, che si udì gridare sul volto:

      – Alto là! —

      E innanzi che avesse potuto misurare la gravità del pericolo, si vide attorniato da un manipolo di soldati.

      – Dove va Ella? – chiese il sergente che comandava la squadra.

      – Pe' fatti miei; – rispose asciutto Lorenzo.

      – Ah diamine, Sal…! siete voi? – gridò, balzando fuori a quelle parole del giovine, un uffiziale che era rimasto alcuni passi indietro.

      – Nelli di Rovereto! – sclamò Lorenzo, ravvisando il capitano.

      – Sì, per l'appunto, Nelli di Rovereto, che naviga in questi paraggi per comando del suo generale, e non avrebbe a lodarsene punto, se il caso non lo facesse imbattere in un volto d'amico. —

      Ciò detto, il capitano si volse al sergente, che si era tirato in disparte co' suoi, per concedere alcuni minuti di riposo, mentr'egli stava ragionando con quel suo conoscente.

      – E adesso a noi; – proseguì, tirando Lorenzo sull'angolo della strada. – Dove andate così frettoloso, mio buon Salvani?

      – Passeggiavo; lo vedete.

      – E avevate paura (scusate, dico paura, così, per modo di dire) e avevate paura dei ladri?

      – Perchè? – dimandò stupefatto il Salvani.

      – Perchè, – soggiunse, abbassando ancora la voce, il Rovereto, – perchè vi siete armato della vostra rivoltina, che vi fa un gomito traditore nella falda della giacca.

      – Credete che fosse proprio paura dei ladri? – chiese Lorenzo, sorridendo.

      – Non vi dirò quel che io credo, come voi non mi direste quello che è. Smettiamo dunque un simile discorso; e andate, che io non voglio trattenervi.

      – Grazie! – rispose Lorenzo, stringendogli fortemente la mano. E fece per andar oltre; ma il capitano lo trattenne ancora.

      – Intendiamoci, Salvani; non per di qua. Tornate indietro, e sarà meglio per tutti.

      – Non posso; o lasciatemi passare, o fatemi arrestare senz'altro. —

      Il buon capitano, che amava molto Lorenzo, avendolo conosciuto prode e gentil cavaliere in quella occasione che i nostri lettori rammentano, stette alquanto sovra pensiero; quindi, mettendo amorevolmente le mani sulle braccia di lui, e guardandolo fisso in volto, gli chiese:

      – Che cosa sperate oramai?

      – Nulla! – disse il Salvani.

      – Dunque?..

      – Dunque lasciatemi andare per di là, dove ho alcuni amici da vedere; e sarà, ve lo giuro, senza pericolo per la causa alla quale servite.

      – Lo credo; ma se fosse, come io penso, con pericolo vostro?..

      – Che importa? Non badate a ciò, e lasciatemi andare.

      – Dovunque vi piacerà, salvo al numero __otto__.

      – Che? – esclamò il giovine, piantando a sua volta gli occhi in viso all'amico. – Voi sapete…

      – Ogni cosa. So, verbigrazia, che laggiù non trovereste più alcuno, salvo una mezza compagnia di soldati che custodisce le porte, e una mano d'altri personaggi, meno riguardosi coi loro avversari politici, i quali vanno rovistando dappertutto, per trovare una carta… che non c'è.

      – Ah! – disse Lorenzo. – E gli amici miei…

      – State di buon animo! – interruppe il Nelli. – L'uffiziale di pubblica sicurezza aveva fatto male il suo piano di battaglia, e ha assalito il nemico senza chiudergli la ritirata. Io m'ero avveduto bensì dell'errore; ma non era affar mio. L'intento del soldato era di sgominare da questo lato i vostri disegni, e questo io l'ho fatto. Sono entrato per l'androne, mentre i vostri sgattaiolavano dalla parte del giardino; ho atterrato l'uscio, e sono anche stato il primo a metter il naso in una certa cameretta, su d'un certo tavolino…

      – Proseguite!

      – Dov'era un certo foglio di carta… una specie di ruolino di compagnia.

      – L'avevano dimenticato! – disse Lorenzo con accento di dolore.

      – Sì, ma gli è caduto in mia mano, e mi servirà per accendere Biancolina, una eccellente spuma di mare, che consola i miei ozi pomeridiani.

      – Grazie! – soggiunse Lorenzo, respirando; – grazie, non per me, ma per gli altri!

      – Che diamine! – disse di rimando il Nelli. – Siamo amici, o non siamo? Io fo il soldato e non lo sgherro; combatto, non lego. Se vi avessi incontrati in armi, avrei comandato il fuoco; il resto non mi risguarda, e se c'è un amico di mezzo, mi adopero a salvarlo. Ma badate, Salvani; voi siete accennato a palazzo Ducale come uno dei capi della rivolta; si citava appunto il tentativo della Darsena come una impresa che doveva esser guidata da voi. Perciò, come addetto al comando generale, ho scelto di venire da questa parte, e la fortuna, che ama i soldati, quando non fa buscar loro una palla in petto, mi ha usato cortesia da gentildonna. Or dunque, io vi consiglio a non tornare in casa vostra, questa notte. Avete amici a cui chiedere ospitalità? andate da essi; io non vi ho veduto, non vi conosco. —

      E finita la sua orazione, il cortese capitano profferse la mano, in atto di commiato, al suo avversario.

      – Voi avete un cuor d'oro, signor Rovereto! – disse il Salvani, stringendo quella mano tra le sue.

      – Che! che! Se foste voi ne' miei panni non fareste lo stesso? Non imitereste l'esempio di que' due amici dell'antichità, che, incontratisi in campo, si strinsero le destre, in cambio di uccidersi, e barattarono le armature? Glauco e Diomede! Bei nomi! E i tempi in cui vivevano di tali valentuomini, ora si chiamano barbari!

      – Siete tutti classici, quest'oggi! – notò, sorridendo, il Salvani. – Il Pietrasanta, stamane, pensava all'Eneide; voi questa sera mi citate l'Iliade. Il fatto è che gli uomini generosi e cortesi sono di tutte le età, e niente c'è di nuovo sotto il sole, nemmeno la tolleranza scambievole delle opinioni, che ha in voi un così nobil campione.

      – Ah, Salvani, Salvani, se comandassimo noi?

      – Che cosa fareste, se comandaste voi, Rovereto?

      – Io?.. Vorrei anzitutto che non ci fosse più un palmo di terra italiana, dove rimanessero tirannelli a dividere, e forestieri a comandare.

      – Mi accorgo che vorreste aver me per capo della maggioranza.

      – E mio collega al ministero! Che bella cosa si annunzierebbe alla nazione! Un ministero Rovereto Salvani… Diamine! mi pare che rimangano molti portafogli senza titolare.

      – O dove lasciate il Montalto, il Pietrasanta e l'Assereto?

      – Avete ragione, perdinci! Saremmo cinque ministri, e i portafogli d'avanzo li terremmo noi stessi per interim. Sarebbe il ministero di San Nazaro, che varrebbe in fin dei conti come tanti e tant'altri. Ottima pensata! ho da sognarne, stanotte! Ma noi, – proseguì ridendo come un pazzo, il capitano, – stiamo qui a ciaramellare, come se avessimo tempo da buttar via. Statemi sano: io torno ai miei uomini.

      – Addio, dunque, e ancora una volta, grazie!

      – Zitto là; ne parleremo domani. Buona notte! —

      E il Nelli, data una giratina sui tacchi, si allontanò speditamente, alla volta del suo drappello, che aveva avuto dieci o quindici minuti di riposo, in cambio di cinque.

      Anche Lorenzo si mosse dal canto suo per andarsene. Ma dove? A casa non era prudente consiglio tornare; perciò gli parve acconcio di andare a chiedere ospitalità presso l'amico Assereto, dal quale avrebbe avuto novelle di casa sua.

      Ma

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