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parole.

      “Lo… farai? Fantastico!”

      Ora cosa avrebbe fatto? Non era arrivato così lontano con il piano nella propria mente.

      “Sì. Ho dovuto parlarne con mia madre. Vivo con lei… non come uno sfigato incapace di vivere da solo, certo… ma ha bisogno del mio aiuto.”

      “È una bella cosa. Penso che il mondo sarebbe un posto migliore se le persone si prendessero più cura dei propri genitori. Credo sia il caso di parlare dei dettagli. Perché non ti prendi il resto della serata per pensare a cosa vuoi inserire nell'accordo? Io farò lo stesso. Se non avessi già detto a mio padre che cenerò con lui, ti avrei proposto di farlo stasera, ma cosa ne dici di domani? Una cena?”

      El prese un respiro profondo.

       Non si tirerà indietro adesso, vero? Ha appena acconsentito.

      Remi non riusciva a capire perché all'improvviso il consenso di El fosse diventato così importante. Tutto quello che sapeva era che voleva che il suo finto fidanzato fosse El.

      “Mi organizzerò per domani. A che ora?”

      “Perché non ordiniamo d'asporto? Possiamo parlare qui in ufficio, così non dovremmo preoccuparci di eventuali interruzioni. E sono serio: fammi sapere di cosa hai bisogno. Mi occuperò di tutto. Firmeremo un contratto. Se vuoi che un avvocato gli dia un'occhiata, ne troveremo uno che vada bene a entrambi. Se…” Remi non voleva dirlo, ma doveva farlo. Si sarebbe sentito il più grande stronzo del mondo se lo avesse tenuto per sé. “Se cambi idea in qualsiasi momento, strapperemo il contratto e sarà come se non fosse mai successo niente. Metteremo una clausola che lo permetta. Non voglio che ti senta a disagio.”

      “Io… il tuo avvocato va bene. Mi fido di te. Non ho mai avuto motivo di credere il contrario.” El sorrise.

      Fu un timido sollevarsi di labbra che lo rese adorabile. Remi non lo aveva mai guardato così da vicino, se lo era sempre impedito. Aveva un bel corpo, con gli occhi e i capelli scuri. E il suo viso, quando il sorriso si allargò leggermente, sembrò illuminarsi.

      “Ottimo. Ho intenzione di finire di controllare questo e poi uscire. Ci vediamo domani?”

      “È il progetto per la ristrutturazione degli appartamenti sopra il teatro?” El indicò i fogli.

      “Sì.”

      “Ci ho fatto un giro quando i giornalisti hanno iniziato a parlarne. Al momento è un disastro ma sono convinto che riusciremo a renderlo fantastico.” El fece scorrere un dito sopra i disegni.

      “Sono completamente d'accordo.”

      “Bene. Grande. Io… Sì, ci vediamo domani.” Si voltò in fretta e lasciò l'ufficio.

      La porta si chiuse con un leggero cigolio.

      Era arrivato per Remi il momento di trovarsi faccia a faccia con suo padre. Non poteva dirgli di El. Non ancora. Suo padre non era stupido. Se Remi gli avesse detto che aveva già un ragazzo, suo padre gli avrebbe riso in faccia. Ma avrebbe potuto sondare un po' il terreno. Se tutto fosse andato bene, i due si sarebbero comunque incontrati presto, quindi poteva iniziare a lanciare un paio di esche. Anche se la cosa gli si fosse rivoltata contro, avrebbe comunque pagato El. Non sarebbe certo stata colpa sua.

       Dio, ho davvero intenzione di fare una cosa del genere?

      Capitolo Quattro

      El non riusciva a credere di aver accettato una proposta così rischiosa. Stava perdendo la testa, poco ma sicuro. Sarebbe diventato il fidanzato del capo. No, un attimo, il suo finto fidanzato. Non poteva che andare a finire male. Anche se Remington Marlow gli aveva assicurato che non avrebbe influito sul suo lavoro, El sapeva che era una bomba ad orologeria. E se fosse successo qualcosa a sua madre mentre era in giro a fingere di essere un fidanzato? Ne sarebbe stato devastato.

      Sua madre lo aveva convinto a contattare la casa di riposo. El sperava ancora di riuscire a trovare una cura in grado di aiutarla, ma le sue condizioni non stavano affatto migliorando. Durante l'ultima visita il dottore aveva detto che si trattava di settimane, mesi se fossero stati fortunati. Fino a quel momento non lo erano stati… non da quando quella maledetta malattia era tornata con ancora più forza di prima.

      Dovette accostare l'auto. Non era lontano da casa ma il pensiero che un giorno sarebbe rientrato e non avrebbe trovato sua madre ad aspettarlo, gli faceva male al cuore. El non sapeva cosa avrebbe fatto senza di lei. Era la sua roccia, la persona su cui poteva sempre contare e la madre migliore che un figlio potesse desiderare. E lo aveva cresciuto completamente da sola. I suoi nonni erano morti anni prima, aveva altri parenti che vivevano lontano e non aveva mai conosciuto nessuno dalla parte di suo padre. Quando sua madre se ne fosse andata, sarebbe rimasto da solo.

      Si sfregò una mano sul petto, come se quel gesto potesse alleviare il dolore che lo riempiva. Non esisteva niente al mondo che potesse aiutarlo.

      La cosa migliore che poteva fare era stare con lei, prendere un periodo di congedo e interrompere quella stupida idea di fingersi il fidanzato di un miliardario. Il tempo che passava con lei era più importante del denaro. Lo sapeva. E sapeva anche che, se sua madre non lo avesse incoraggiato, avrebbe rifiutato la proposta del signor Marlow.

      El fece un respiro profondo e ricominciò a guidare. Doveva preparare la cena per sua madre. Sperava che mentre lui era fuori casa, avesse perlomeno bevuto il brodo, ma le ultime due notti la minestra era rimasta sul comodino, intoccata. Sembrava che sua madre mangiasse solo quando lui la costringeva.

      Imboccò il vialetto e parcheggiò, poi entrò in casa. “Mamma?”

      Lei non rispose. El appoggiò il cappotto sullo schienale di una delle sedie in cucina e andò verso camera sua. Stava dormendo. Dovette assicurarsi che il suo petto si muovesse per essere sicuro che stesse ancora respirando. Aveva comunque paura di controllare, ogni volta. Sapeva che sarebbe arrivato il giorno in cui non si sarebbe più svegliata. Per quanto brutto da pensare, pregò che se ne andasse in quel modo: senza dolore, senza rendersene conto, in modo quasi pacifico. Se El era stanco di tutto quel dolore, sua madre doveva esserne esausta.

      “El.” Girò appena la testa e lo guardò. Un piccolo sorriso le allargava le labbra.

      “Sì, mamma, sono qui.”

      “Vieni. Siediti.” Batté una mano sul materasso.

      El avvicinò una sedia al letto. Sua madre era così fragile. Non era sempre stata così. Crescendo, El aveva pensato che fosse la persona più forte del mondo. Adesso invece era ridotta pelle e ossa.

      “Vedo che hai mangiato un po' di minestra.”

      “Sono riuscita a camminare un po'. È stato piacevole. Sei diventato bravo a cucinare.”

      “Solo grazie a te.” El sorrise, ripensando a quando aveva circa dodici anni. Sua madre gli aveva detto che gli avrebbe mostrato come preparare qualcosa di semplice da cucinare anche da solo, qualcosa di caldo e corposo… una minestra. Era stata una bella giornata. Gli aveva insegnato così tanto.

      “Adulatore!” Lei tossì, ridacchiando. “Ora dimmi, hai risposto di sì alla proposta del tuo capo?”

      “L'ho fatto, ma forse dovrei ripensarci.” El si mordicchiò il labbro. Era così combattuto.

      “Non osare. Io me ne andrò, tesoro. Sappiamo tutti e due che accadrà. Nessuno di noi ha voglia di parlarne, ma dobbiamo farlo.”

      “Sono d'accordo, mamma. Ma non stasera.” Le prese una mano e le baciò il dorso. “Pensi di poter mangiare del riso? O un'altra po' di zuppa?”

      “Non ho fame, tesoro. Sono solo stanca.” Chiuse gli occhi e nel giro di pochi secondi si riaddormentò. Era spaventoso quanto in fretta riuscisse a cadere in un sonno profondo. Un giorno… semplicemente non si sarebbe più svegliata.

      El chiuse gli occhi. Avrebbe voluto piangere ma, se avesse iniziato, non si sarebbe più fermato. E c'erano ancora

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