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studi sia Scienze Politiche. Questo restringe il campo di ricerca.”

      Prima ancora che Ellington avesse il tempo di dirle che era un’ottima idea, Mackenzie aveva già il cellulare in mano. Aprì il browser e andò al sito dell’università. Riuscì a trovare la sezione dei docenti, ma come immaginava i nomi non erano corredati di numeri di telefono personali; gli unici contatti rimandavano agli uffici dei referenti. Tuttavia, individuò i due consulenti che erano assegnati nello specifico al dipartimento di Scienze Politiche e lasciò un messaggio ciascuno, chiedendo di essere ricontattata non appena avessero sentito il messaggio.

      Una volta fatto ciò, aprì la rubrica dei suoi contatti.

      “E adesso che fai?” chiese Ellington.

      “Ce ne sono solo due di consulenti. Vale la pena provare a ottenere qualche informazione sul loro passato, per vedere se c’è qualche segnale di pericolo.”

      Ellington annuì, sorridendo al suo modo rapido di ragionare. Rimase in ascolto mentre lei faceva la telefonata. Mackenzie poteva sentire il suo sguardo posarsi su di sé di tanto in tanto, quasi con fare protettivo.

      “Come ti senti?” le domandò poi.

      Sapeva quello che intendeva, che non c’entrava con il caso ma stava chiedendo del bambino. Si strinse nelle spalle, non vedendo che senso avesse mentirgli. “Tutti i libri dicono che presto le nausee dovrebbero finire, ma io non ci credo. Anche oggi ho avuto un paio di episodi e, a dirla tutta, sono davvero stanca.”

      “Allora forse dovresti tornare a casa” suggerì lui. “Detesto sembrare il marito autoritario, ma... ecco, preferirei evitare che tu o il bambino vi facciate male.”

      “Lo so. Ma qui si tratta di una serie di omicidi in un campus universitario. Dubito che la situazione possa farsi pericolosa. Probabilmente è solo un ragazzo col testosterone alle stelle che riesce a spassarsela solo uccidendo le ragazze.”

      “D’accordo, hai ragione” concesse Ellington. “Ma prometti di essere sincera con me e dirmi se inizi a sentirti debole o strana?”

      “Te lo prometto.”

      Ellington la guardò con sospetto ma allo stesso tempo con aria scherzosa, come se non fosse sicuro di potersi fidare di lei. Poi le prese la mano mentre guidava verso il centro della città per trovare un hotel per la notte.

      ***

      Avevano a malapena avuto il tempo di sistemarsi nella stanza che il cellulare di Mackenzie squillò. Nonostante non conoscesse il numero, rispose subito. Nella sua mente aveva viva la richiesta di McGrath di fare presto, e le pareva di sentire l’orologio ticchettare. Aveva la sensazione che, se il caso non fosse stato risolto entro la ripresa delle lezioni la settimana successiva – anzi, mancavano cinque giorni – sarebbe stato molto più difficile portare avanti le indagini con il campus invaso di studenti.

      “Pronto, qui agente White” disse al telefono.

      “Agente White, sono Charles McMahon, consulente accademico alla Queen Nash University. Ho sentito il suo messaggio, così l’ho richiamata.”

      “Ottimo, grazie per la celerità. Si trova all’università in questo momento?”

      “No. Dato che ho molto lavoro, ho fatto deviare tutte le chiamate dal mio ufficio al mio cellulare.”

      “Capisco. Bene, mi chiedevo se potesse rispondere a qualche domanda a proposito di un recente omicidio.”

      “Immagino si riferisca a Jo Haley?”

      “In realtà no. Si è verificato un altro omicidio, due giorni fa. La vittima è un’altra studentessa della Queen Nash. Una ragazza di nome Christine Lynch.”

      “È terribile” disse con voce sinceramente scioccata. “Si tratta... insomma, due vittime in così poco tempo... crede che si tratti di un serial killer?”

      “Ancora non lo sappiamo” disse Mackenzie. “Speravamo che potesse aiutarci con qualche pezzo mancante del puzzle. Ho visto sul sito dell’università che ci sono solo due consulenti assegnati al dipartimento di Scienze Politiche, e lei è uno dei due. Inoltre, so che Jo Haley e Christine Lynch avevano lo stesso consulente. Per caso si tratta di lei?”

      McMahon fece una risatina nervosa. “No. E questo è uno dei motivi per cui ho così tanto lavoro in questo momento. L’altro consulente accademico del dipartimento, William Holland, si è licenziato tre giorni prima delle vacanze invernali. La maggior parte dei suoi studenti è passata a me... e probabilmente sarà così fino a che non sarà assunto qualcun’altro al suo posto. Ho un assistente che mi dà una mano, ma sono davvero sommerso di lavoro.”

      “Per caso sa il motivo per cui Holland ha lasciato il posto?”

      “Ecco, giravano voci che avesse una relazione con una studentessa. Per quel che ne so, non c’erano prove, così pensavo che fosse solo una diceria. Poi però si è licenziato all’improvviso, e questo mi dà da pensare.”

      Già, anche a me, gli fece mentalmente eco Mackenzie.

      “Per quel che ne sa, ha mai fatto altro che possa essere considerato ambiguo? Oppure questa notizia su di lui l’ha sorpresa?”

      “Non posso darle una risposta certa. Insomma... lo conoscevo solamente perché lavoravamo insieme. Al di fuori del lavoro, però, non sapevo granché su di lui.”

      “Perciò immagino che non abbia idea di dove abiti?”

      “No, mi dispiace.”

      “Già che ci siamo... signor McMahon, quando è stata l’ultima volta che ha parlato con Jo o con Christine?”

      “Mai. Mi sono state entrambe assegnate insieme agli altri studenti di Holland, ma l’unica volta che le ho contattate è stato tramite un’e-mail di massa che ho inviato a tutti gli studenti per informarli.” Dopo una pausa, aggiunse: “Senta, visto quello che è successo, probabilmente riuscirei a farvi avere l’indirizzo di Holland. Devo solo fare un paio di telefonate.”

      “Grazie, apprezzo il suo aiuto, ma non ce ne sarà bisogno. Anche io posso risalire a quell’informazione. Grazie per il suo tempo.”

      Detto ciò, riattaccò. Ellington, seduto sul bordo del letto con ai piedi una sola scarpa, era rimasto in ascolto per tutta la conversazione.

      “Chi è Holland?” chiese.

      “William Holland.” Mackenzie lo aggiornò su quello che aveva appreso da McMahon. Anche lei si sedette sul letto e solo in quel momento si accorse di quanto fosse stanca.

      “Ci penso io a chiedere il suo indirizzo” si offrì Ellington. “Se lavorava al campus, è probabile che viva nelle vicinanze.”

      “Se è lui il nostro uomo, il mio messaggio sulla sua segreteria lo avrà probabilmente messo in allarme.”

      “Allora dobbiamo agire in fretta.”

      Mackenzie annuì e si accorse di essersi di nuovo posata la mano sul ventre. Adesso era quasi un’abitudine, come mangiucchiarsi le unghie o scrocchiarsi le dita.

      C’è una vita, qui dentro, pensò. E se i libri hanno ragione, quella vita sta provando le mie stesse emozioni. La mia angoscia, la mia felicità, le mie paure...

      Mentre ascoltava Ellington fare richiesta per ottenere l’indirizzo di William Holland, Mackenzie si domandò per la prima volta se avesse sbagliato a non dire a McGrath del bambino. Forse stava correndo un grosso rischio continuando a fare l’agente operativo.

      Quando il caso sarà finito, glielo dirò, si ripromise. Mi concentrerò sul bambino e sulla mia nuova vita, e...

      A quanto pareva si era persa nei suoi pensieri, perché Ellington la fissava come se aspettasse una sua risposta.

      “Scusa, pensavo ad altro.”

      Lui sorrise e disse. “Non fa niente. Ho l’indirizzo di William Holland. Abita qui in città, nel quartiere di Northwood. Te la senti

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